Nebraska: l’album “dark” del Boss. La nostra recensione a 40 anni dall’uscita del lavoro di Bruce Springsteen

“A quanti di voi l’attacco di Nebraska provoca una sensazione di stretta allo stomaco?” (Cit. dal libro Io sono spingsteeniano de Il Konte). Mai come queste poche parole hanno saputo descrivere la sensazione percepita al primo ascolto di Nebraska.
Nebraska è il sesto album della discografia ufficiale di Bruce Springsteen, oggi è uno splendido 40enne. Ed è un disco che nella sua apparente semplicità (chitarra acustica, armonica e voce) è un pugno nello stomaco per la profondità dei testi e per la disperazione e il dolore che esprime.
Siamo agli inizi degli anni 80, la storia e la fama del boss sono ormai a livello mondiale. Sette anni prima la consacrazione con Born to Run, e solo due anni prima (1980) la pubblicazione di The River, da molti considerato il disco della maturazione definitiva.
Nel 1982 il rocker americano sente la necessità di eclissarsi, di rifugiarsi in una sorta di clausura monacale. Forse iniziano a comparire nella sua mente i demoni che lo perseguiteranno per parecchi anni; la sua destinazione è Colt Neck, una fattoria del suo New Jersey, e con se ha solo un’armonica a bocca, una chitarra acustica e un registratore 4 piste, ma tanto gli basta.
Nel corso dei giorni Springsteen produce 10 tracce. Lui stesso considera queste registrazioni una demo che necessita della base ritmica e di arrangiamenti specifici, contatta la fida e fidata E Street Band per chiudersi in studio per ottimizzare il prodotto. Ma il risultato perfetto non arriva, la somma di batteria, basso, tastiere e chitarre fa a pugni con i testi, taglienti, e dei protagonisti dei nuovi racconti del Boss.

Così si decide di dare alle stampe e di pubblicare il 30/09/1982, la versione registrata sul 4 piste di Colt Neck, la copertina scarna ed essenziale, nera con il titolo dell’album in stampatello rosso e una foto in bianco nero raffigurante un’auto che corre verso un cielo nuvoloso.I personaggi dell’album hanno vite e personalità completamente opposte a quelli che li hanno preceduti nelle opere precedenti di Springsteen: sbandati, fuorilegge, oppure figure misteriose che arrivano dal passato per prepararci ad presente diverso e più cupo.
La title track è ispirata ad un fatto realmente accaduto: a cavallo tra il 1957 e il 1958 il 20enne Charles Starkweather e la sua fidanzata Caril Ann Fugate uccisero 11 persone tra Nebraska e Wyoming. Nel brano Springsteen da voce al ragazzo e lo immagina davanti al giudice che lo ha appena condannato a morte affermando che non è affatto pentito di quanto compiuto, ma al contrario da quell’atto così crudele e violento ne ha tratto divertimento e aggiungendo che “credo che ci sia così tanta cattiveria a questo mondo”.
Johnny 99 è invece la storia di Ralph che disperato per la perdita del posto di lavoro, si ubriaca con un mix di Tanqueray e vino. In preda ai fumi dell’alcool uccide un guardiano notturno, minacciando successivamente il suicidio. Portato davanti all’infame John Brown (il giudice) che lo condanna all’ergastolo, Ralph chiede Brown, davanti a sua madre e alla sua fidanzata disperate, di rivalutare la sua decisione perché ho fatto debiti che nessun umano onesto potrebbe pagare e la banca si teneva stretta l’ipoteca e stavano per portarmi via la casa, perciò credo che starei meglio da morto. L’attualità di questo pezzo è assolutamente evidente.
Highway patrolman racconta l’eterna storia del bene e del male, dell’amore tra fratelli e del confine tra senso di responsabilità, razionalità e cuore. È la storia di Joe e Frank, uno sergente della polizia stradale l’altro malvivente; pur essendo molto legati i due devono fronteggiarsi su opposti fronti, e ogni volta che Frank finisce nei guai Joe invece di sbatterlo dentro tenta di riportarlo sulla retta via. Ma quando accade l’irreparabile e Franck uccide un uomo, Joe capisce che non potrà fare più nulla per salvare il fratello, si mette al volante della sua pattuglia alla ricerca del fratello fuggitivo, e una volta individuato ed inseguito per qualche miglio si ferma sul ciglio della strada lasciando che le luci della Buick di Franck scompaiano nella notte.
Queste sono solo 3 tracce di un album da una parte fuori dal tempo per la costruzione e l’essenzialità, in un epoca che iniziava a conoscere e ad usare i sintetizzatori e l’elettronica. Dall’altra, cupa e profonda, trasmettendo un messaggio di disperazione e disagio nei confronti di un mondo che Springsteen inizia a vedere in modo diverso rispetto al passato, iniziando a raccontare la storia degli ultimi e dei perdenti, quello che il sogno l’hanno inseguito a lungo ma non l’hanno mai raggiunto.
Con un ascolto attento e preferibilmente a luci spente si possono percepire le emozioni e le disperazioni dei protagonisti come se fossero loro stessi a raccontarcele quasi se il cantante fosse un medium che riporta voci da altre dimensioni.
Come il più recente Western Stars anche per Nebraska non è seguito un tour promozionale. Ma nel corso degli anni alcuni brani sono stati riarrangiati in modalità full band ed inseriti nelle scalette dei tour successivi ma, secondo il parere di chi scrive, snaturando notevolmente l’identità dei brani stessi.