Nel 2018 Geddy Lee dei Rush ha scritto un libro sulla sua collezione di bassi elettrici. La nostra recensione dell’opera.
Geddy Lee non ha bisogno di presentazioni. Lo storico frontman dei Rush è da sempre un musicista di altissimo livello; è diventato celebre nell’immaginario rock grazie al sound del suo basso elettrico al quale ha aggiunto anche quello del sintetizzatore durante la più che quarantennale carriera dei trio canadese. Nel 2018 ha pubblicato Geddy Lee’s Big Beautiful Book Of Bass, attualmente disponibile in lingua inglese.
Che cos’è questo Big Beautiful Book Of Bass? E’ un manuale storico sul basso elettrico, è un corposo saggio su uno strumento musicale. Una dichiarazione d’amore verso lo strumento a quattro corde. E’ un tour negli archivi personali di Geddy Lee.
Geddy Lee è universalmente riconosciuto come uno dei più grandi bassisti rock di sempre. Ha contribuito allo sviluppo dello stile hard rock e progressive con le sue affascinanti linee di basso. È stato fonte di ispirazione per bassisti come Steve Harris degli Iron Maiden, John Myung dei Dream Theater, Les Claypool dei Primus e Cliff Burton dei Metallica. Solo per citarne alcuni.
Geddy Lee’s Big Beautiful Book Of Bass è dunque un giro nella collezione di Lee, qualcosa come 250 bassi elettrici, dove Lee si diverte a elencare caratteristiche di ogni singolo strumento, accanto a fotografie dettagliate e persino interviste a bassisti storici, generazionalmente vicini al Nostro.
I bassi che troverete nel libro non sono né di facile reperibilità né economici: alcuni sono rarissimi e le interviste ai vari musicisti servono per dare ancora più valore al singolo strumento musicale. Le loro storie, uniche e particolari, vengono condivise in questo libro.
Gran parte del libro è dedicata agli strumenti Fender, come dovrebbe essere. Per diversi decenni Fender è stato fondamentalmente sinonimo di basso elettrico. Lee ovviamente include un sacco di informazioni anche su strumenti Gibson ed Epiphone. Gli amanti del basso apprezzeranno particolarmente il capitolo dedicato a Rickenbacker, data l’importanza di quegli strumenti nel plasmare il suono dei Rush durante il loro periodo di massimo splendore.
I marchi che sono meno conosciuti oggi, come Ampeg, Höfner e Danelectro, ricevono il credito che meritano. Il libro è disseminato di favolose storie di strumenti iconici e di come i loro proprietari con gli anni si siano connessi con il loro strumento, come il famoso Fender Jazz che una volta apparteneva a un certo Jaco Pastorius.
Lee sottolinea che, come collezionista, ha raccolto strumenti che sono stati suonati da musicisti e che hanno storie da raccontare come dice lui. I fanatici del basso adoreranno esaminare attentamente le foto appetitose e approfondire i dettagli di questi strumenti. Ma la parte più interessante del libro è la raccolta di interviste con chi fa parte del mondo del basso tra cui John Paul Jones, Bill Wyman, Adam Clayton, Bob Daisley, Les Claypool e Robert Trujillo. È ovvio che i musicisti si apriranno a un pari come non lo farebbero mai con un giornalista o uno scrittore. Ed è questo che rende queste interviste così preziose.
Ogni basso, come il musicista che li tiene in mano, ha uno stile tutto suo. Le interviste sono lunghe, ma approfondite, e le domande poste da Lee sono sempre curiose e interessanti.
Geddy Lee’s Big Beautiful Book Of Bass appassiona gli amanti delle quattro corde, colpisce i fan dei Rush e avvicina il neofita che vuole avvicinarsi sia a uno strumento particolarissimo, sia – in parte – a una vera e propria icona del rock.