L’Alligatore, la serie tv tratta dai romanzi di Massimo Carlotto. La nostra recensione del lavoro di Daniele Vicari e Emanuele Scaringi

Massimo Carlotto lo ha creato.
Igort, in Alligatore Dimmi che non vuoi morire, ne ha mostrato una prima versione.
E Daniele Vicari e Emanuele Scaringi lo hanno reso tangibile.
L’Alligatore, serie tv tratta dalla celebre saga di romanzi, è finalmente diventata una meravigliosa realtà.
Il lavoro, che vede lo stesso scrittore padovano tra gli sceneggiatori, è infatti un piacere per gli occhi di appassionati (soprattutto) e non.
Districandosi tra gli scritti dedicati a Marco Buratti e la sua banda (nove romanzi e una graphic novel), L’Alligatore riesce a dare un’ampia visione di quanto riportato su carta dal 1995 al 2017.
Gli otto episodi, difatti, non solo riprendono tre romanzi della saga (La verità dell’Alligatore, Il corriere colombiano e Il maestro di nodi) ma riescono a rappresentare magistralmente tutto quel mondo noir tracciato negli anni.
Il punto di forza della serie tv è, senza dubbio, dato dalla perfetta amalgama tra riproposizione delle singole storie e la costruzione di una serialità interna.

In pratica, le avventure dell’Alligatore e la sua banda, pur essendo collegate tra loro, presentano una struttura particolare. Ogni storia è autoconclusiva – il che permette di leggere facilmente tutta la saga in ordine sparso, partendo chiaramente dal primo romanzo – e si ricollega ad uno specifico caso trattato dai protagonisti.
Vicari e Scaringi considerando proprio da questo presupposto, sono riusciti nel duplice obiettivo di riadattare quanto prodotto e collegarlo magistralmente attraverso una sottotrama che prende piede dal primo episodio.
A ciò va aggiunta l’ottima fotografia.
Un’ambientazione come quella in cui vive l’Alligatore non può che essere particolare. E in questo il reparto è stato più che impeccabile.
Le ombre, i vari torni di luce, il contrastro tra luci e ombre e il tenebroso scenario in cui si muovono i protagonisti sono tutto ciò che serviva ad un’atmosfera come quella descritta da Carlotto.
Magnifica, inoltre, è l’interpretazione degli attori.
In questo caso è necessario considerare i singoli interpreti in base al ruolo ricoperto.

Martari (L’Alligatore), Trabacchi (Rossini) e Gobbi (Max la memoria) sono perfetti nella parte del trio di protagonisti, riprendendo in tutto e per tutto gli elementi evidenziati nei romanzi.
Una menzione particolare va fatta per Trabacchi. Il suo Rossini riesce a rimarcare quei tratti tipici del personaggio grazie ad una sorta di reinterpretazione di un Luciano Lutring in salsa noir.
Le donne (Valeria Solarino,Eleonora Giovanardi e Shalana Santana), croce e delizia di tutti i soggetti nei romanzi (Buratti per primo), sono favolose nella loro parte.
Ognuna entra perfettamente nel personaggio e ognuna si dimostra all’altezza della situazione in una serie in cui loro risultano decisive nelle avventure dei tre.
Affascinanti sono inoltre i ruoli di Fausto Maria Sciarappa (Castelli) e Andrea Gherpelli (Pellegrini).
Grazie a questi due soggetti, Vicari e Scaringi compiono un vero e proprio capolavoro.
Da un lato collegano l’intero lavoro agli altri due celebri romanzi di Carlotto (Arrivederci amore ciao e Alla fine di un giorno noioso).
Dall’altro creano la continuità nella narrazione, permettendo al mondo attorno ai protagonisti di modificarsi ed evolversi.
La ciliegina sulla torta è rappresentata dal processo di attualizzazione della serie.
La saga dell’Alligatore si sviluppa in anni e contesti differenti.
Per rendere lo sceneggiato più vicino alla realtà di tutti i giorni, Vicari e Scaringi immergono direttamente le storie scritte negli anni che viviamo.
Questo lo si rileva dall’utilizzo degli smartphone (non presenti negli scritti), dalla leggera modifica della personalità di Max la memoria e da tutti quei particolari in cui si muovono gli attori.
Un plauso va fatto anche alla Rai.
La serie ha perorso un doppio binario. Dapprima è andata online totalmente sul canale web Raiplay. Successivamente, invece, verrà trasmessa di volta in volta su Rai 2.
In questo caso, quindi, si sono riusciti a soddisfare tanto il nuovo pubblico (legato alle piattaforme streaming) quanto quello tradizionale (fedele alla vecchia e cara TV).
Insomma, L’Alligatore è la serie che serviva.
Agli appassionati dei romanzi. A coloro che non conosco gli scritti dell’autore padovano. E a tutto il contesto della televisione di Stato.