Era il 2008 e su FOX andava in onda la prima puntata di Sons Of Anarchy. La recensione della serie creata da Kurt Sutter
Jax vive una vita da fuorilegge fra traffico di armi e risse da bar.
Jax – il protagonista di tutta la vicenda – durante le sette stagioni commetterà innumerevoli errori. Se nel finale della seconda stagione la sua intenzione era quella di rivoluzionare i SAMCRO, durante la quarta stagione vedrà fallire i suoi ideali. La quarta stagione è il cuore di tutta Sons Of Anarchy: vengono a galla segreti tenuti nascosti, ci sono rapporti che vanno a picco. La ricerca della Verità diventa più importante di qualsiasi contrabbando o affare.
La quinta stagione è ancora più drammatica e amara. In ogni stagione i SAMCRO affrontano nemici diversi. E sempre più potenti. La quinta stagione tocca l’apice per drammaticità degli eventi e per un gioco di potere degno di Game Of Thrones. Ci si avvicina ancora di più ad alcuni personaggi – Tig o lo stesso Jax che in questa stagione cambia molto – mentre si prendono le distanze da altri personaggi ambigui. Cioè, da alcuni personaggi che sembrano cattivi (lo sono davvero?).
La sesta stagione mostra le conseguenze delle scelte di alcuni personaggi: mentre le prime stagioni presentavano i protagonisti della storia, calati nel contesto, nelle ultime stagioni si mostrano i loro cambiamenti. Il pubblico, affezionato a molti di loro, dovrà fare delle scelte, schierarsi con uno piuttosto che con un altro personaggio.
La settima e ultima stagione mette Jax davanti a delle scelte: la scoperta della Verità può essere difficile, impossibile da accettare. Ma quando la si scopre, c’è inevitabilmente una crescita, una maturazione. Jax sembra essere sempre stato preda delle menzogne, in particolar modo da chi gli sta più vicino. La verità diventa libertà, consapevolezza. Triste amarezza. Fino al finale.
La nascita e lo sviluppo di piattaforme streaming come Netflix o Amazon Prime ha permesso la diffusione di serie storiche uscite durante gli anni zero – pensiamo a Dexter, Breaking Bad – che con una nuova generazione di pubblico stanno vivendo una seconda, meritata, giovinezza.
Tra queste Sons Of Anarchy è la meno celebre e premiata, ma non per questo di secondo piano. Anzi. Con gli anni Sons Of Anarchy è diventata modello di ispirazione, pensiamo ad esempio a Peaky Blinders che, come la serie creata da Kurt Sutter, gioca con il binomio violenza/famiglia. Pur non avendo mai ricevuto premi o riconoscimenti rispetto alla concorrenza dell’epoca, Sons Of Anarchy è diventata una pietra miliare dell’intrattenimento televisivo. Grazie a una scrittura di grande livello, a personaggi caratterizzati alla perfezione e su un cast di grande talento, Sutter e soci hanno dato vita a un vero e proprio fenomeno mediatico.
Chicca a parte merita la colonna sonora: con brani di Elvis Presley, Neil Young, The Black Keys.
Altro elemento è la presenza di star della musica e della letteratura: Stephen King interpreta un inquietante biker che fa sparire cadaveri, Walton Goggins un trans. E ancora Danny Trejo e David Hasselholf. Paul Weller – l’ex Robocop che in Sons Of Anarchy è anche regista di molti episodi – Marilyn Manson e Courtney Love, Dave Navarro e Carmelo Anthony.
Come in The Sopranos e come successivamente in Peaky Blinders, Sons Of Anarchy mostra il lato umano, romantico dei cattivi. Non esiste il cattivo assoluto o il buono assoluto. Dietro ogni azione c’è un pensiero, una strategia. Dietro ogni azione si nasconde un motivo di protezione o di giustizia.
Jax Teller è l’antieroe drammatico, intento a percorrere il lungo viaggio che lo porterà alla scoperta della verità e al proprio epilogo, rispecchia alla perfezione ciò che viene mostrato nella serie.