Queens Of The Stone Age

Queens Of The Stone Age, le regine del deserto

La storia dei Queens Of The Stone Age, tra deserto, sperimentazione, Mark Lanegan e la responsabilità di cambiare il mondo del rock


Dopo lo scioglimento dei Kyuss, nel 1995 il giovane Josh Homme si trasferisce a Seattle e si unisce agli Screaming Trees. A Seattle Homme inizia a sviluppare collaborazioni con vari musicisti, come il bassista degli Screaming Trees Van Conner, il batterista dei Soundgarden Matt Cameron e Mike Johnson.
Nel 1997 Homme fonda i Queens of the Stone Age.

L’album di debutto, Queens Of The Stone Age, viene registrato da Josh Homme – che suona chitarra e basso, oltre a cantare – e dal batterista Alfredo Hernandez.
Ci sono anche alcuni contributi di Chris Goss e Patrick Hutchinson. L’LP viene prodotto da Joe Barresi ed esce nel 1998.

Queens Of The Stone Age è un diamante grezzo. E’ figlio di lunghe session e nel disco spadroneggia la chitarra di Homme – usa amplificatori per basso elettrico e setta gli amplificatori in maniera misteriosa per avere il suono oscuro della chitarra – e i riff robotici.

Il disco è cento percento Homme, con un riffaggio indebitato tanto con l’hard rock anni settanta quanto con la psichedelia ipnotica del miglior krautrock.
Ma la vera differenza è la voce. John Garcia dei Kyuss aveva un ululato selvaggio. Josh versa sui riff una melassa melodica con tanto di falsetto e morbidi coretti dall’aria assonnata coi quali si scontrano i violenti riff di chitarra.

A seguito dell’uscita dell’album il bassista Nick Oliveri si unisce a Homme ed Hernandez. Poco tempo dopo anche il chitarrista Dave Catching entra nei Queens Of The Stone Age. La band inizia la tournée per la promozione dell’album. E’ il primo nucleo del gruppo dal vivo.

Oltre all’attività di promozione dell’album, Josh Homme ne approfitta per dare il via ad una lunga serie di registrazioni divise in volumi, The Desert Sessions. Partecipano a questa iniziativa musicisti ed esponenti del rock alternativo. Le Desert Sessions sono l’occasione per Homme di collaborare con musicisti disparati, di rinchiudersi con loro per una settimana nel Rancho Della Luna e di registrare musica. In totale libertà.

Nel 2000 i Queens Of The Stone pubblicano il loro secondo album, Rated R, che ospita un cast di musicisti molto vario che faceva parte del giro di Homme e Oliveri. Si possono citare i batteristi Nick Lucero e Gene Trautmann, i chitarristi Dave Catching, Brendon McNichol, e anche il produttore Chris Goss, nonché il cantante dei Judas Priest Rob Halford.
Oltre a tutti questi nomi svetta la presenza di Mark Lanegan, storico amico di Homme che per anni aveva rifiutato di entrare a collaborare con la band.

Rated R è meno grezzo del primo disco. Ma non per questo meno potente o meno ispirato. E’ un disco con dei pezzi clamorosi – tutto il disco è da ascoltare e riascoltare – dove Homme mostra la sua vena psichedelica – Better Living Through Chemistry, Auto Pilot – accanto a quella urlata di Oliveri e quella cantautorale di Lanegan.

Il disco fa crescere esponenzialmente il nome della band. Nel giro rock che conta il nome Queens Of The Stone Age indica una band dal potenziale devastante, dove non ci sono membri fissi e dove la regola è una sola: rivoluzione.

L’ex batterista dei Nirvana Dave Grohl si unisce a loro per la registrazione del terzo album, Songs For The Deaf.
L’album viene pubblicato nell’agosto del 2002 e oltre a Grohl ospita nuovamente Mark Lanegan. 

Songs For The Deaf è il capolavoro dei Queens Of The Stone Age. Vuoi per la line up azzeccata al massimo –  Josh Homme alla chitarra e alla voce, Nick Oliveri al basso e alla voce, Dave Grohl alla batteria, Mark Lanegan alla voce e alla chitarra – vuoi perché dentro ci sono le canzoni. E che canzoni, oltre alle celebrate No One Knows e Go With The Flow il disco è un ipnotica sequenza di riff indemoniati, percussioni folli e cambi di ritmo repentini.

Songs For The Deaf rappresenta l’apice compositivo non solo dei Queens Of The Stone Age, ma del genere stoner in generale. Homme recluta pezzi degli anni novanta tra Nirvana e Screaming Trees e li catapulta nel nuovo millennio.

Nel 2004 Nick Oliveri venne allontanato dalla band. Le cause ufficiali dell’allontanamento del bassista sono la mancanza di rispetto verso i fan del gruppo e l’eccessiva partecipazione ai party. La cacciata del bassista pazzo provoca una piccola scossa all’interno del gruppo. Dal vivo Oliveri era l’alter ego di Homme. Mentre quest’ultimo aveva una voce melodica, i pezzi cantati dal bassista erano urlati, veloci. Indemoniati.

Josh Homme, insieme al polistrumentista Alain Johannes, al chitarrista degli A Perfect Circle Troy Van Leeuwen e a Joey Castillo, registra nel 2005 il quarto album della band, intitolato Lullabies To Paralyze. Il disco è il primo tentativo di Homme di scrollarsi di dosso i panni del re dello stoner rock.

Certo, ci sono ancora pezzi che rimandano al recente passato delle Regine – Medication, Burn The Witch, Someone’s In The Wolf – ma c’è soprattutto un suono nuovo, meno cupo e più vicino al pop, basti ascoltare Little Sister o I Never Came. Tra gli ospiti che compaiono su Lullabies To Paralyze, è presente anche Billy Gibbons degli ZZ Top. Il disco viene accolto in maniera scostante dalla critica. C’è chi accusa Homme di essere sceso a compromessi, c’è chi loda il disco per il tentativo di staccarsi da quell’enorme ingombro che è stato Songs For The Deaf.

Nel 2007 esce Era Vulgaris. Si segnala un distacco ancora più profondo rispetto ai primi dischi. Il suono è più elettronico, i riff più stanchi e prevedibili. Il sound è uno dei punti più deboli dell’opera. Non graffia mai, sembra una grottesca parodia dei lontani fasti. Il tutto viene annacquato da un mare di synth che, se da un lato alleggeriscono il suono delle Regine, da un lato lo rendono piatto e stantio. 

Dopo l’uscita di Era Vulgaris, Homme si fa da parte, mettendo in cantiere il progetto. Ma accade anche altro. Collabora con diversi musicisti – crea i Them Crooked Vultures – e suona un po’ ovunque. E conosce il fantasma della depressione. Per riprendersi Homme lavora con calma. Passano diversi anni. Si arriva al 2013.

La band pubblica …Like Clockwork. La formazione base è schierata con Josh Homme, Troy Van Leeuwen, Dean Fertita e Michael Shuman. Il batterista Joey Castillo ha abbandonato la partita durante le session, lasciando spazio all’acclamata partecipazione in molte tracce di Dave Grohl.

Confermati l’apporto dell’amico Mark Lanegan e il rientro – anche qui, in alcuni brani – del bassista Nick Oliveri.
Le altre importanti presenze dentro …Like Clockwork sono quelle di Trent Reznor, Elton John (!), Alex Turner degli Arctic Monkeys, Jake Shears degli Scissor Sisters e Brody Dalle, la moglie di Josh.

Uno dei vertici del disco è certamente Kalopsia, con il suo continuo altalenare fra momenti di grande tranquillità e spunti virulenti, quasi una mini suite, con la partecipazione di Trent Reznor. In generale è un passo in avanti rispetto al passo falso di Era Vulgaris. Si segnala un abbandono dei riff robotici per creare un disco di canzoni.

Misurando abilmente ritmi rock arcigni – I Sat By The Ocean, Smooth Sailing – e ballate ad altissimo contenuto emozionale – I Appear Missing – e limitando la tracklist, Homme realizza una prova che pur non avendo la carica innovativa dei primi lavori, lo conferma ai vertici assoluti del rock.

Il 14 giugno 2017 il gruppo annuncia Villains

Nel corso di tutti questi anni Josh Homme ha dimostrato di essere un artista completo e maturo. Ha attraversato ogni tipo di avventura nella sua carriera, dai concerti col generatore nel deserto ai grandi palchi internazionali. Ha collaborato con molti musicisti rock, creandosi una reputazione di primo livello. E’ stato criticato per le sue posizioni politiche e per un carattere non certo accomodante. In un mondo che è sempre più traballante, Josh Homme si conferma una certezza. Una certezza granitica, nel nome delle Regine dell’Età della Pietra.

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