Avellino ’80 – ’81, una salvezza come uno scudetto. Il racconto della stagione irpina di inizio anni ’80 nella nostra rubrica di sport

Capita spesso che il calcio venga concepito come ancora di salvezza per una situazione non del tutto felice.
Vedere quei campioni che difendono i colori della propria squadra ad ogni costo per sollevare il morale della popolazione vale tanto.
Spesso anche più di uno scudetto.
E’ capitato tante volte.
Nel secondo dopoguerra, durante i periodi bui e anche nelle situazioni di imbarazzo per la nazione.
Questa volta, però, vogliamo parlare di un fenomeno che è andato ben oltre.
Un qualcosa che è riuscito a mantenere in piedi una provincia dilaniata da una tragedia inimmaginabile e parecchio violenta.
In questo appuntamento di Storie di sport, abbiamo deciso di omaggiare l’Avellino ’80 – ’81.
Una squadra che grazie alla sua enorme caparbietà è riuscita ad ottenere la salvezza e far risorgere un popolo devastato dal dramma del terremoto.
Ma andiamo per ordine.
La stagione calcistica 1980/1981 è alle porte.
E’ scoppiato lo scandalo calcioscommesse che ha coinvolto diverse società e giocatori.
L’Avellino, dopo aver agguantato facilmente la salvezza l’anno precedente, si trova coinvolta nelle vicende in questione seppur indirettamente.
La compagine dopo diversi giorni viene totalmente assolta ma le conseguenze del caso coinvolgono comunque gli irpini.
Due suoi tesserati (Pellegrini e Cordova) vengono squalificati e la squadra penalizzata di cinque punti da scontare nel successivo torneo.
Per una squadra che punta a rimanere in Serie A cinque punti significano molto.
Ma l’Avellino non parte sconfitto e anzi rilancia la lotta alla parte destra della classifica.
Con Vinicio a guidare dalla panchina e i giovani Tacconi, Criscimanni, Vignola e Juary dal campo, l’Avellino ’80 – ’81 si appresta a compiere un’impresa.
La penalità viene cancellata immediatamente dopo cinque giornate (due vittorie, due sconfitte e un pareggio) ma, a novembre 1980, il club si trova ad affrontare un più arduo ostacolo.
Il 23 novembre 1980 la Campania – in particolar modo l’Irpinia – e la Basilicata vengono colpite da un forte terremoto.
Le vittime sono tante e lo scenario che si presenta poco dopo è totalmente avvilente.
I lupi, impegnati subito dopo a Pistoia, fanno di tutto per bloccare – almeno temporaneamente – la propria competizione e restare vicino ai conterranei.
Ma la Lega non ne vuol sapere e chiede ai bianco – verdi a proseguire il cammino.
Il ritorno in campo è chiaramente disastroso.

Arrivano due sconfitte lontano dal Partenio (con Pistoiese e Udinese) e il sogno sembra affievolirsi pian piano.
Poco prima della pausa natalizia, con il morale ormai sotto le suole, i lupi decidono che tocca a loro risollevare gli animi di quel luogo.
Di riscattare una provincia ingiustamente colpita da una tragedia molto più pesante da rimuovere.
E decidono che è il momento di cambiare passo.
Una vittoria con il Catanzaro e, clamorosamente, una contro la Juventus capolista ribaltano l’andamento precedente.
Da quel momento parte una lotta all’ultimo punto per rimanere nel massimo campionato, con Udinese, Ascoli, Brescia e Como a sgomitare per cercare di resistere in campionato.
La salvezza matematica arriva solamente all’ultima di campionato.
E il suo raggiungimento fu a dir poco spettacolare.
Tra le pretendenti a non tornare in B (con Perugia e Pistoiese ormai fuori dai giochi) l’Avellino si trova a sfidare la Roma che si gioca lo scudetto con la Juventus.

Il pronostico sembra quasi scontato e la partita con un programma solamente da seguire.
E infatti dopo cinque minuti Falcao mette in rete dopo un’incursione sulla sinistra.
L’Avellino pare in bambola ma nel momento inaspettato accade l’incredibile.
Al ’22 Turone si avventa su Criscimanni e lo stende al limite dell’area di rigore.
Sul pallone si ferma Beruatto che, dopo il fischio dell’arbitro, appoggia a Venturini che fa partire un missile terra aria su cui l’esperto Tancredi non può nulla.
Il punteggio non cambia fino alla fine della partita.
E l’Avellino si ritrova addirittura decimo, avendo la meglio sulle altre pretendenti per gli scontri diretti.
Dopo quel grande match sarà l’allenatore Vinicio a dare la dimensione di quanto fatto.
L’allenatore brasiliano, infatti, dichiara in preda all’euforia“Abbiamo vinto uno scudetto”.
Senza rendersi conto che quella squadra aveva fatto molto di più in quella stagione.