Gilles Villeneuve

Gilles Villeneuve: i 70 dell’uomo divenuto leggenda

L’omaggio di Diario di Rorschach a Gilles Villeneuve, l’ultimo eroe romantico della Formula 1, che quest’anno avrebbe compiuto settant’anni


Il 18 gennaio del 1950 in un piccolo paese del Quebec nasceva colui che di fatto sarebbe diventato l’ultimo eroe romantico della Formula 1, nonché una vera e propria leggenda per chi ama gli sport motoristici.

Sicuramente non è stato uno dei piloti più vittoriosi di sempre, anzi, il suo palmares parla di 6 vittorie su 67 Gran Premi, 13 podi e 2 pole position. Eppure per molti appassionati, che hanno avuto il privilegio e la fortuna di assistere alle sue gesta, è considerato il più grande pilota in assoluto al pari di Senna, Schumacher ed Hamilton.

Immagino lo stupore che suscita un’affermazione di questo genere, però il pilota canadese nei suoi quattro anni di permanenza nel mondo della Formula 1 in generale e della Ferrari in particolare, ha generato una tale passione per le sue imprese che un noto giornalista di quei tempi Marcello Sabbatini, all’epoca direttore del settimanale Autosprint, coniò lo slogan io ho la febbre Villeneuve.

Eppure la carriera del giovane Gilles iniziò da un mondo molto distante rispetto alla Formula 1; le sue prime competizioni furono le gare di velocità in motoslitta in Canada per poi emigrare negli Stati Uniti in serie minori quali la Formula Ford e la Formula Atlantic, che gli permisero sia di acquisire esperienza, sia, grazie ai successi ottenuti, di farsi notare da piloti che già correvano in Formula 1.

Nel 1976 l’allora campione del mondo F1 James Hunt, propose il pilota canadese al team manager della Mc Laren Teddy Mayer; il team riservò a Gilles Villeneuve una monoposto per il Gran Premio d’Inghilterra del 1977 a Silverstone. Bastò quell’unica e fugace apparizione ad attirare l’attenzione di Enzo Ferrari che lo scelse per sostituire Niki Lauda che abbandonò la scuderia italiana sbattendo la porta durante la stagione, non appena ebbe conquistato matematicamente il suo secondo titolo mondiale piloti.

La scelta di Ferrari fu allo stesso tempo una scommessa e una provocazione. Con l’ingaggio di Gilles Villeneuve il “drake” voleva dimostrare al mondo, e allo stesso Lauda, che le vetture di Maranello erano vincenti a prescindere dal pilota.

Il finale di stagione 1977 non portò alla ribalta Gilles per i successi, ma per il primo dei suoi gravi incidenti: durante il Gran Premio del Giappone che si correva sul circuito del Fuji entrò in collisione con la Tyrrel del compianto Ronnie Peterson, decollò su di essa e terminò il suo volo su una tribuna provocando due morti tra gli spettatori.

Per assistere alla sua prima vittoria bisogna attendere la fine della stagione successiva quando trionfa nel Gran Premio di casa. Il 1978 non è passato alla storia nè per i successi della Ferrari né per i risultati di Gilles, ma il grande pubblico capisce che quel pilota piccolo di statura, pur non dotato di un grande talento, ha un grande cuore e una buona dose di incoscienza nella guida che lo porta spesso a manovre azzardate e rischiose.

Venne spesso chiamato l’aviatore perché le macchine che guidava spesso decollavano invece di rimanere in pista. Lo stesso Enzo Ferrari lo paragonò al grande Tazio Nuvolari, pilota mantovano degli albori dell’automobilismo, capace anch’egli di epiche gesta ed altrettanti incidenti.

La stagione 1979, grazie ad una macchina competitiva, la 312 T4, è l’anno della consacrazione del pilota canadese, sia dal punto di vista dei risultati che delle imprese. Il 1 Luglio durante il Gran Premio di Francia, insieme al pilota della Renault Reneè Arnoux, regala al mondo un epico duello fatto di staccate a ruote fumanti, sorpassi e contro sorpassi, auto che si toccano senza soluzione di continuità; lo spettacolo regalato dai due piloti fa passare in secondo piano la prima vittoria del motore turbo Renault della storia della Formula 1.

Ad agosto, durante il Gran Premio d’Olanda, a seguito di una foratura, fu costretto ad un intero giro di pista su tre ruote, una volta giunto ai box con il cerchione ormai divelto rimase stupito del fatto che i meccanici non potessero fare nulla per potergli permettere di ritornare in gara.

L’indole e l’animo del pilota erano paragonabili a quelli del cavaliere romantico: possedeva valori umani limpidi e cristallini quali l’amore verso la propria famiglia che sempre lo ha seguito sui campi di gara e verso il proprio lavoro, l’amicizia e la lealtà, quella che non deve essere mai tradita, verso i propri compagni di squadra.

Per contro possedeva una lucida incoscienza che gli permetteva di buttare sempre il cuore oltre l’ostacolo incurante delle eventuali conseguenze che le sue azioni potevano creare.

Le sue vittorie, poche come detto prima, hanno sempre avuto qualcosa di epico nella loro realizzazione: nel 1981 a Montecarlo prima e in Spagna dopo riuscì a vincere in modo clamoroso, nel primo caso con una rimonta straordinaria nei confronti di Alan Jones e nel secondo caso riuscendo a tenere alle proprie spalle per tutta la gara 4 macchine che in termini di potenza e di competitività erano nettamente più performanti, e dopo essere partito dalla settima posizione in griglia di partenza.

Queste sono solo alcune delle imprese consegnate alla storia dello sport che hanno contribuito a rendere leggendario Gilles Villeneuve e, come nei tempi antichi, a tramandare i ricordi di quanto compiuto dal pilota canadese ci hanno pensato nel corso degli anni tutti i tifosi e non solo che ricordano ancora con gli occhi lucidi, le vittorie, i sorpassi, gli incidenti e in generale l’uomo Villeneuve: uomo valoroso, generoso, umile, leale, che ha cavalcato i cavalli vapore di una Formula 1 con la sfrontatezza e il coraggio di un eroe romantico e che è volato via in un pomeriggio dell’8 Maggio 1982 lasciando tutti increduli che un simile uomo potesse essere mortale come tutti noi.

Luca Di Lonardo

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