Joker, il film sulle nuove origini del villain di Gotham City. La nostra recensione della strordinaria pellicola di Todd Phillips

Uno dei film più attesi dell’anno.
E su un personaggio di per sè affascinante e dalle mille sfumature.
Joker, pellicola di Todd Phillips, è molto più di un semplice film dedicato a un villain.
Il lavoro del regista statunitense è riuscito in un sol colpo a far cambiare rotta all’universo cinematografico Dc Comics e a ridisegnare un personaggio sopra le righe come il pagliaccio.
La trama narra la storia di Arthur Fleck (uno straordinario Joaquin Phoenix), aspirante cabarettista che vive con l’anziana madre Penny in un appartamento dei bassifondi di Gotham City.
Il suo sogno è diventare un giorno come il suo idolo, Murray Franklin (Robert De Niro), che allieta le serate di Arthur e della madre con il suo programma televisivo.
Il Joker di Phillips si rende un vero e proprio capolavoro grazie ad un’idea che inquadra il personaggio e la realtà da lui vissuta in maniera totalmente inusuale.
Per ricreare le origini di un villain come il pagliaccio, il regista parte da un presupposto fondamentale: il luogo circostante.
La Gotham descritta nel film, difatti, è una città tetra, immersa nelle disuguaglianze sociali e alla mercè di qualsiasi tipo di crimine.

In un’ambientazione del genere è facile inserire un soggetto come Arthur Fleck che proprio dalla quotidianità riceve quell’input necessario per la sua trasformazione.
Input che ha due fasi ben distinte.
Una prima, ricostruita nel corso della storia, che si sviluppa da bambino e una seconda che genererà la nemesi di Batman.
La città di Gotham e i gothamiti, quindi, diventano il fulcro del personaggio in questione ma anche l’incarnazione del joker pensiero.
In pratica, sostenendo pienamente l’idea di Fleck/Joker, il popolo abbraccia immediatamente la visione del pagliaccio e la rende propria con le azioni.
Attraverso ciò, Gotham City si tramuta praticamente in Joker dopo aver dato origine al personaggio stesso.
La caratterizzazione del villain, inoltre, funge da perfetta cornice ad un contesto difficile da vivere come quello narrato.
Arthur è una persona molto particolare.
Una persona che ha subito in gioventù e in età adulta.
Una persona che nonostante le disperate richieste di aiuto viene allontanata ed emarginata di continuo.
Che è costretta a ridere nonostante il suo animo sia totalmente oscuro.
E che ha individuato una soluzione precisa ai problemi che lo circondano. Eliminarli.
Questo dato è reso al meglio da un magnifico Joaquin Phoenix.
L’attore, dimagrito all’inverosimile per evidenziare il malessere di Arthur, coglie con la sua ottima interpretazione le varie fasi del soggetto.
Le espressioni facciali, nello specifico, permettono a Phoenix di esprimere l’intera evoluzione dell’uomo Arthur, giocando di volta in volta con la telecamera.

In aggiunta a quanto detto, non può non essere citata la parte fumettistica.
Phillips coglie tanto dai fumetti sul cattivo di Gotham.
E lo trasmette alla perfezione non solo con menzioni ma anche con vere e proprie trasposizioni dell’idea di base.
A tal proposito si può citare facilmente The Killing Joker di Alan Moore ma anche Il Ritorno del Cavaliere Oscuro di Miller (soprattutto nel finale).
E come se non bastasse, il regista ricollega il tutto alle origini di Batman inserendoci anche la celebre scena dell’omicidio dei Wayne, quasi come monito per un futuro che deve ancora realizzarsi.
Infine il genere e la straordinaria regia.
Puntando su vari generi cinematografici che sfociano nel thriller psicologico, l’autore pone un’attenzione particolare nella direzione di Joker tale da creare una escalation di eventi nella storia.
In questo modo coloro che sono dall’altra parte dello schermo diventano spettatori curiosi e giudici – in grado spesso di giustificare le azioni di Fleck – di quanto accade in quella realtà.