Breaking Bad

Breaking Bad, la Nouvelle Vague delle serie serie tv

Breaking Bad è stata la serie tv più importante degli ultimi vent’anni. Uscita nel 2008 non ha mai smesso di far parlare di sé. La nostra recensione


Il 20 gennaio del 2008 sugli schermi televisivi americani del canale AMC andava in onda la prima puntata di Breaking Bad. Iniziava con dei pantaloni da uomo che svolazzavano in mezzo al deserto.
Lo stesso uomo che, con una maschera antigas sul viso, guidava all’impazzata un camper, per poi scendere in mutande e impugnare una pistola nel deserto del New Mexico. E’ l’inizio di una serie televisiva che in pochissimo tempo è diventata qualcosa di più. Breaking Bad ha rappresentato – e rappresenta tutt’oggi – l’eccellenza della serialità televisiva. E’ un prodotto talmente perfetto – e per perfetto si intende non solo la sceneggiatura, ma anche la regia, la colonna sonora, la fotografia, i costumi, le scenografie… tutto – che va oltre un banale prodotto di intrattenimento.

E in effetti la tv dopo Breaking Bad è cambiata per sempre. Quando, al giorno d’oggi, si crea una serie si pensa subito a un personaggio, a dei colpi di scena, a come tenere incollato il pubblico davanti allo schermo, si cerca di avvicinarsi all’eccellenza, a Breaking Bad.

Breaking Bad è un unico grande lungometraggio. Un film lungo cinque stagioni per sessantadue episodi che racconta la storia di Walter White.

Walter White ha più di un problema. Debiti, figlio disabile, secondo figlio in arrivo. Gli ex colleghi hanno fatto i miliardi e il cognato poliziotto lo sbeffeggia. Arriva un cancro per il quale non si può permettersi le cure. Essendo la padronanza della chimica la sua unica risorsa – è un docente di chimica – si mette a sintetizzare metanfetamine con l’aiuto di un ex-studente, Jesse Pinkman.
All’inizio, tutto è molto provvisorio. Non c’è un’organizzazione ben definita e lo stesso Walt non è di certo un animale da strada. Deve unire le sue energie con quelle dello sfigato Jesse. I due si compensano, si aiutano a vicenda: Jesse è il braccio, Walt è la mente.

La serie parte da questa base e, puntata dopo puntata, prende il volo. C’è uno studio psicologico stratosferico per quello che riguarda i personaggi. Walt e Jesse sono due esseri umani, due persone che in base alle loro esperienze cambiano. Nell’arco delle cinque stagioni assisteremo a un processo di crescita assolutamente favoloso coi personaggi che cambiano, si evolvono, mutano. Migliorano. Uccidono.

La sensazione è quella di un’idea talmente banale quanto stupida, un’idea che col tempo diventa qualcosa di mostruosamente enorme. Vince Gilligan nel suo show ha parlato di crisi economica – motore di tutta la vicenda – di crisi di mezza età, di sistema sanitario, di carcere. Di droghe e malavita. Ha ambientato il suo show nella terra di mezzo del New Mexico, covo di falliti e di gente scappata di casa. Di gente che non ha nulla da perdere.

Nonostante un successo quasi esagerato per una serie tv, Breaking Bad ha mantenuto qualità, coerenza e lo stesso cast artistico e tecnico per tutte le stagioni. Ed è riuscito a chiudere il cerchio in modo compiuto e assolutamente soddisfacente: probabilmente Gilligan ha sempre avuto questa storia in mente e sin dalla prima sequenza sapeva già come chiudere il cerchio, cosa che non si può dire ad esempio della contemporanea Lost che ha subito la pressione del successo.


La prima stagione è una sorta di test di ingresso. Se superate queste sette puntate vi si aprirà uno scrigno di sorprese. L’intenzione di Gilligan sembra essere quella di voler selezionare gli spettatori. La prima stagione è abbastanza lenta e prevedibile ma dispone correttamente tutti i pezzi sulla scacchiera e da subito se ne apprezzano lo spessore e l’originalità.

Abbiamo la moglie, Skyler, determinata ma non priva di spigoli e preoccupazioni. Il figlio, raro personaggio con handicap che è anche un adolescente metà ribelle, metà in adorazione del padre. C’è Marie, la sorella di Skyler e suo marito Hank, il poliziotto bianco più poliziotto bianco che c’è, con le sue battute su donne, gay e messicani e una certa determinazione. E ovviamente c’è Jesse Pinkman.

Tutte queste premesse sono stabilite al solo fine di essere ribaltate nel resto delle stagioni, dando luogo a delle evoluzioni realistiche.
Chi crede che con personaggi così normali e stereotipati non accadrà nulla si dovrà ricredere di fronte a una tensione psicologica senza pace. Specie nelle stagioni seguenti.
Durante questa prima stagione, inoltre, ci si diverte, anche troppo, con un paio di scene grottesche come quella della vasca da bagno o di Walt in mutande.
Ma tutto sta già mutando, come in una trasformazione chimica.


Nella seconda stagione Walter White diventa Heisenberg, e la spalla comica, impacciata e sfigata diventa Jesse Pinkman, e trova una donna.
Entrano in scena Saul Goodman e Gustavo Fringe e il mondo si allarga a comprendere i cartelli messicani, la Dea, il riciclaggio.

Saul Goodman è l’avvocato di Walter, un personaggio talmente unico che ha poi avuto uno spinoff tutto suo. Gustavo Fringe è il gestore di una lavanderia e della catena Los Pollos Hermanos. E’ anche uno degli spacciatori più temuti di tutta la costa e un uomo di rara intelligenza.
I due daranno il loro meglio nelle serie successive, ma già da subito, già dai loro luoghi di lavoro si capisce di che pasta sono fatti.

Altro personaggio chiave è Jane Margolis, rappresenta la prima via di uscita possibile per Jesse. La possibilità di una vita normale ma di una vita bella, in cui le relazioni umane sono piacevoli. Walt lo rispetta, la droga si coniuga con l’arte e non solo con la paranoia. 

I personaggi della prima serie intanto evolvono. Skyler si trova confrontata con la piccola criminalità da colletto bianco e decide di chiudere un occhio.
E Walt, con un omicidio costruito in modo tale che non capiamo se sia colposo o meno, distrugge per la prima volta la vita di Jesse.
Infine la tensione. Alcune puntate sembrano delle vere e proprie bombe a orologeria che fanno alzare il livello di Breaking Bad.


La terza stagione presenta da un lato i Salamanca bros – ovvero la violenza e la famiglia – dall’altro Gale Boetticher cioè Walter senza palle. Senza violenza, senza ambizione, senza desiderio di potenza. Gale vuole fare bene il proprio lavoro alle condizioni stabilite dagli altri, e vivere delle sue piccole passioni. Ammira Walt ma soprattutto ama la tecnica di per sé, senza porsi problemi del suo contesto. Entrambe le figure verranno sintetizzate proprio da Walt, ed entrambe faranno una finaccia, senza che Walt si sporchi le mani. Il processo chimico di trasformazione del nostro protagonista è in atto.

Jesse si riprende a fatica da una batosta per darne e quindi prenderne una forse addirittura maggiore. Le tensioni tra Skyler e Walter raggiungono l’apice. La complessità della relazione con Ted, la forza di essere tra i pochi a opporsi senza cedere a Walter in tutta la serie fanno di Skyler un personaggio affascinante e intrigante. In crescita. Riesce con freddezza a mettere pure l’unica dote lavorativa che ha a servizio del riciclaggio. Ancora una volta dunque c’è un processo di crescita, di consapevolezza, in ognuno dei protagonisti della serie.

Le vicende familiari di Walter fanno a cazzotti con il suo bisogno quasi primordiale di primeggiare, di prendersi una rivincita. 


La quarta stagione tanto per cambiare alza la posta in gioco: la sfida tra Gustavo e Walter, e quella fra ognuno di loro due e il resto del mondo diventa finalmente un’epica che scava solchi profondi nei personaggi come negli spettatori, a cui capiterà di parteggiare per il primo o per il secondo.

Skyler e Hank diventano personaggi totalmente affascinanti di per sé, con contraddizioni e sfaccettature, non solo ostacoli nelle macchinazioni di Walter.
Impressionante ancora una volta il loro cambiamento rispetto alla prima stagione.
La lenta e triste discesa di Skyler nello sforzarsi di accettare l’inaccettabile è parallela alla lenta risalita di Hank, che a inizio serie è un personaggio quasi grottesco, ma spinto dal suo grossolano spirito di giustizia trova letteralmente la forza di rialzarsi. Pagando un caro prezzo.

E Jesse Pinkman? E’ intrappolato e perso in un mondo che ambisce con razionalità e determinazione omicida a obiettivi totalmente idioti come il potere sugli altri esseri umani. Umanamente sconvolto per aver ucciso a freddo un poveraccio, Jesse si limita a trascinarsi, la sua casa diventa un rifugio per tossici, una parodia di una festa, mentre sul lavoro è un automa. Circondato da pazzi.

Ma tra i pazzi c’è qualcuno che crede in lui. Mike, personaggio interessante ma secondario nella serie precedente, qua acquista uno spessore nuovo, diventa il nonno con la pistola e i bunker sottoterra. Jesse grazie alle sue cure si riprende, acquista visibilmente fiducia in sé stesso. Riparte da due elementi molto semplici alla fine: una famiglia e un lavoro. Cruciale è la trasferta in Messico: in pericolo di morte Jesse si rende conto che non ha bisogno di Walter per creare cristalli blu. E’ diventato un’artista della chimica e non se ne era neanche reso conto.

Una nuova consapevolezza. Una crescita.


La quinta e ultima stagione ha un livello di azione e di ritmo che non si scende mai. Tornano in maniera sincronica tutti i nodi della storia, non solo come incastri narrativi, ma come evoluzione dei vari personaggi – le ultime scene di Skyler, Hank, Jesse, e dello stesso Walter sono altrettanti addii perfetti.

Jesse Pinkman invece viene qui fatto soffrire oltre il ragionevole. Era necessario renderlo completamente schiavo per metterne in scena la completa liberazione. Da Mr. White, dalla droga, dai propri legami, dal proprio destino, dai propri legami. La completa libertà equivale al vuoto, al nulla.

Da notare come alla fine nelle vite di tutti i personaggi della serie l’enorme accumulo di denaro sia completamente privo di significato. Jesse lo butta dal finestrino, per Skyler è un mucchio di carta da difendere dalle tarme, per Walter è un accessorio, quel che conta è il potere. 
Alla fine tutto questo cumulo di morti, questa sofferenza per tutti a cosa saranno serviti? Il finale è amaro, molto amaro e poco consolatorio. Ma ha il merito di chiudere una parabola iniziata qualche anno prima con dei pantaloni che sventolavano nel deserto del New Mexico.


Tutto funziona in Breaking Bad. Tutto è perfetto: i dialoghi, la sceneggiatura, gli attori, le musiche. Bryan Cranston si rivela un fenomeno, in grado di cambiare espressione all’istante e di farci rizzare i capelli in testa. Aaron Paul non sfigura al suo fianco e i due, insieme, sono la coppia perfetta.

E poi gli attori. Bryan Cranston, Aaron Paul, Anna Gunn, Dean Norris che della serie ne sono i principali protagonisti. Ma anche attori secondari come Giancarlo Esposito, Bob Odenkirk, Jonathan Banks.

La serie è stato un vero e proprio fenomeno televisivo. Nel 2015 è andata in onda la prima stagione di Better Call Saul, spinoff dedicato al mondo di Saul Goodman.
Uno spinoff che ha il merito di raccontare il dietro le quinte di Saul Goodman ma che riesce anche a coinvolgere Mike e Gus.

Nel 2019 è previsto l’arrivo di El Camino, sequel che vede come protagonista Jesse Pinkman. 

Breaking Bad è scritta come un romanzo di formazione e diretta come se fosse un unico, lunghissimo film.

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