La terza stagione de La Casa De Papel continua a raccontare le rapine del gruppo più famoso del mondo. Tra maschere di Dalì e citazioni cinematografiche
Negli scorsi giorni è uscita la terza parte de La Casa De Papel (La Casa Di Carta) serie tv spagnola prodotta e distribuita da Netflix. La storia di questa serie televisiva è molto particolare. Nata e sviluppata senza grandi pretese, è riuscita, in pochissimo tempo a diventare un fenomeno virale, specie grazie al passaparola sui sociale. I puristi delle serie televisive hanno storto il naso, trovando il prodotto Netflix indubbiamente interessante, ma privo di alcuni elementi – dialoghi, personaggi, sceneggiatura – che ne avrebbero potuto fare una serie sicuramente più intrigante.
La Casa De Papel tratta di rapine ma ha anche una forte impronta sentimentale, degna delle soap opere anni ottanta sudamericane. Il terzo blocco di puntate della serie continua su questo filone, innalzando l’asticella per quello che riguarda la rapina. I nostri protagonisti sono usciti dalla rapina alla zecca di stato quasi indenni. Vivono da un paio di anni lontani gli uni dagli altri, secondo la volontà del Professore, l’ideatore del colpo. Probabilmente le prime due stagioni sarebbero bastate per raccontare tutto il raccontabile, e in queste otto puntate la sensazione è quella di voler forzare un po’ la mano.
Rio viene arrestato per aver un usato un telefono cellulare; Tokyo non si dà pace e con l’aiuto del Professore mette in piedi un nuovo colpo – questa volta nientemeno che la banca nazionale – per attirare l’attenzione e per poter riabbracciare l’amato Rio.
Alcune cose sono cambiate: Berlino, il personaggio più affascinante della scorsa stagione, come sappiamo non c’è più. Ma gli sceneggiatori hanno trovato una maniera intelligente di farlo riapparire, attraverso l’uso del flashback. Siamo a Firenze qualche anno prima del colpo alla zecca di Stato. Il Professore incontra suo fratello che lo aggiorna sulla sua vita personale, sulla sua malattia. Lo mette al corrente su nuove idee da realizzare, cioè nuove rapine a suon di Bella Ciao.
Le rapine della banda hanno da sempre avuto una forte connotazione politica e sociale: in fondo i Nostri non rubano il denaro di nessuno e vengono etichettati dalla stampa e da fan come dei nuovi Robin Hood. Viene mostrato il colpo alla banca nazionale attraverso le parole di Berlino – le migliori scene guarda un po’ sono proprio quelle con Berlino – e le critiche del Professore che reputa il colpo troppo rischioso.
Passeranno anni – e l’arresto di Rio – per far cambiare idea al Professore. Anche questo colpo viene studiato nei minimi dettagli e raccontato con buona tecnica dai registi della serie. Da ammirare fotografia e colonna sonora. Meno alcuni momenti morti o retorici che sembrano durare un’eternità (una scena su tutte: Rio che rientra nella banca dopo essere stato rilasciato).
La terza parte si chiude in maniera dolorosa e sanguinaria. Con la promessa di una guerra. I protagonisti sono allo stremo, circondati e messi in seria difficoltà da una nuova negoziatrice, spietata e sadica quanto basta.
La Casa De Papel non cambia di un grammo la sua ricetta: colpi di scena, sentimentalismo e violenza. A chi è piaciuta nelle prime due parti questa terza parte continuerà a piacere. Se non vi è piaciuta a causa della sceneggiatura e di alcune forzature fatevene una ragione: non avete tutti i torti.