La recensione della terza stagione di Stranger Things, in bilico tra horror, momenti romantici e una continua scoperta di sé. Nel nome degli anni ottanta
Avevamo lasciato i protagonisti di Stranger Things alle prese con le cose belle della vita. Il ballo scolastico, l’amore, la crescita. Un anno e mezzo dopo, quelli che avevamo conosciuto come i ragazzini di Hawkins sono degli adolescenti alle prese con la loro vita. Lucas e Max fanno coppia fissa, stessa cosa per Mike e Eleven. Questi amori mettono seriamente in pericolo il gruppo è chi ne soffre di più è Will, intrappolato in un lento processo di crescita dall’infanzia – in parte – perduta.
I protagonisti della serie Netflix più amata sono cresciuti e di conseguenza anche la serie ne giova. Nella terza stagione il tiro si alza: si parla di adolescenza signori. Spazio ai complicati rapporti uomo-donna – chi vi dice che riguardino solo i piccoli? – per la difficoltà a imporsi nel mondo del lavoro quando si è giovani e in particolare di sesso femminile – vai alla voce Nancy – per la difficoltà di crescere, soprattutto quando gli altri sembrano essere anni luce avanti a te, e per il difficile, complicato, meraviglioso percorso della scoperta di sé.
Stranger Things 3 si avvia in maniera molto soft, portando all’attenzione momenti comici, esilaranti assieme a piccoli e grandi dubbi esistenziali; il tutto condito da una colonna sonora che più eighty non si può. I Duffer Brothers continuano la loro opera di citazione verso gli anni ottanta, portando avanti la storia di Stranger Things. Il Mind Flyer si impossessa di Billy – lo avevamo già conosciuto nella seconda stagione – con lo scopo di contaminare quanti più cittadini di Hawkins possibili.
La tensione cresce puntata dopo puntata. Se le prime tre sono un lungo prologo, ecco che dalla 03×04 The Sauna Test la storia cambia.
Abbiamo detto che sin dall’inizio si sono creati piccoli gruppi.
Il primo riguarda Dustin, Steve, Robin e Erica, sorella minore di Lucas. Si ritrovano coinvolti in una vicenda che sa di spionaggio russo all’interno del nuovo centro commerciale di Hawkins.
Nel frattempo Nancy e Jonathan indagano a modo loro sulla presenza di alcuni roditori in città. Il resto del gruppo – Lucas, Will, Eleven, Mike e Max – cerca di capire cosa stia accadendo, anche perché Will confessa di sentire ancora una presenza malevola in città.
Gli adulti Joyce e Hopper uniscono le loro forze in quanto Joyce si accorge che improvvisamente le calamite non funzionano più. Avranno a che fare con un cacciatore che ricorda non poco Terminator. A proposito di citazioni, Stranger Things anche a questo giro non si fa mancare nulla. Siamo nel 1985 e la citazione d’obbligo – una scena geniale, fantastica, meravigliosa – riguarda Back To The Future che esce esattamente il 3 luglio 1985.
Un’altra citazione strepitosa – che tocca Dustin e la sua ragazza non tanto immaginaria Suzie -è quella che riguarda The Never Ending Story in quella che, probabilmente, è destinata a essere una delle scene più iconiche di questa terza stagione.
La terza stagione di Stranger Things intrappola lo spettatore. Lo fa con un meccanismo geniale – ogni gruppo conosce una parte della verità – e con nuovi personaggi interessanti tra le quali spicca Robin, collega di Steve.
L’impressione è quella di una serie che, come i protagonisti, cresce di stagione in stagione, andando a toccare corde che riguardano un po’ tutti noi. Dagli adolescenti, agli uomini, tutti sono coinvolti in Stranger Things.
Il finale di stagione lascia pensare che un nuovo blocco di puntate potrebbe arrivare il prossimo anno. Siamo impazienti di tornare a Hawkins, visto che, come insegnano gli ultimi fotogrammi di questa terza stagione, gli happy ending sono destinati a durare poco.