Game Of Thrones

Game Of Thrones – A Knight Of The Seven Kingdom, la recensione dell’ottava stagione

L’ottava e ultima stagione di Game Of Thrones chiude definitivamente le vicende sulla conquista del Trono di Spade. La nostra recensione


Game Of Thrones ha chiuso i battenti. E lo ha fatto tornando dove tutto ha avuto inizio: oltre Barriera. La serie HBO nata nel 2011 ha avuto un crescente numero di spettatori puntata dopo puntata. Anno dopo anno. Fino a diventare più di una serie televisiva, un fenomeno con pochissimi precedenti alle spalle.

L’ottava e ultima stagione arriva a due anni di distanza dalla precedente. Era chiaro dagli ultimi passaggi che questa stagione si sarebbe giocata sulla guerra tra Uomini e Estranei. L’ottava stagione batte, e molto, sulla poetica, con momenti intensi e toccanti, ci vengono in mente l’incontro tra Arya e Jon Snow, la cavalcata dei draghi tra Jon Snow e Daenerys Targaryen, l’investitura di ser Brienne di Tarth, le chiacchierate davanti al fuoco prima della battaglia, la prima volta di Arya.

L’ottava stagione chiude il cerchio e lo fa bilanciando momenti intensi, più leggeri e ovviamente sanguinari con una certa – non lo nascondiamo – frettolosità in alcuni momenti, ma andiamo con ordine. 

Ci si ritrova tutti a Winterferll. In gioco c’è il futuro dell’umanità e gli Uomini devono scontrarsi con gli Estranei e i Non Morti. Nervi tesi tra Jamie e il piccolo Stark: se Bron è quello che è, la colpa non può che essere di Jamie che si ritrova a Winterfell in attesa di muovere battaglia. Nel frattempo Tarly – l’amico di una vita – rivela a Jon Snow un’amara ma sincera verità: egli è figlio di Rhaegar Targaryen e Lyanna Stark e di conseguenza erede legittimo del Trono. Questa dichiarazione scuoterà non poco Jon e metterà in crisi la storia d’amore con Daenerys, a tutti gli effetti sua zia.

E ad Approdo Del Re? Cersei Lannister sta tramando qualcosa e sa che i patti e le alleanze vanno tenute vive, a qualunque costo. Cersei resta un personaggio ambiguo con un masterplan in mente che non ha intenzione di svelare a nessuno. Mentre la folla di Uomini si reca a Winterfell per giocare la partita decisiva, lei resta ad Approdo Del Re col suo esercito. Compare poco – praticamente si vede solo nella 08×01 Winterfell – ma la sua presenza e un paio di gesti poco chiari (è incinta ma beve vino?) fanno capire che come sempre Cersei sembra essere un passo avanti ai suoi avversari.

La 08×02 A Knight Of The Seven Kingdoms vive di momenti intensi: la confessione di Jon Snow a quella che è a tutti gli effetti sua zia. La consapevolezza di Arya, conscia che la lunga notte che sta calando potrebbe essere l’ultima. Il battesimo di Brienne da parte di Jamie: Brienne è una donna dura, una combattente a tutti gli effetti, ma ogni volta che guarda Jamie il suo volto si trasforma in quello di una bambina impaurita. E innamorata.

L’ottava stagione vive dei riferimenti alle prime puntate di Game Of Thrones: Tyron ricorda a Jamie della prima volta che vennero a Winterfell, quando lui era un donnaiolo ubriacone e Jamie era famoso per essere lo sterminatore di Re.

Il cuore pulsante dell’ottava stagione è la terza puntata 08×03 The Long Night mostra lo scontro tra gli Uomini e gli Estranei: a Winterfell sono riuniti tutti gli Uomini, tranne Cersei e il suo esercito, presidiati ad Approdo del Re. Quello che viene mostrata è un’ora e venti di battaglia, in una puntata molto cinematografica – il piano sequenza iniziale – che cita Saving Private Ryan e in generale i film di guerra e gioca con una fotografia volutamente dark al limite del sopportabile.

La 08×03 The Long Night è anche la puntata più rivoluzionaria, probabilmente di tutta Game Of Thrones; chi credeva infatti che la storia deviasse dalla conquista del Trono, alla battaglia finale tra vivi e morti, qui viene clamorosamente smentito. Un colpo di scena ben assestato – in fondo stiamo sempre parlando di Game Of Thrones – fa virare la serie dal fantasy al suo ruolo naturale, ovvero quello di raccontare non la sopravvivenza degli uomini, ma la loro avidità e la sete di potere. Avvisaglie di questa sete di potere c’erano già state nella 08×02 A Knight Of The Seven Kingdoms quando durante una chiacchierata Sansa e Daenerys discutevano del futuro del Trono, anche se di mezzo c’era la battaglia con gli Estranei. Mica poco.

Con questo episodio gli sceneggiatori hanno disatteso le aspettative di tutti i fan, convinti, da due anni a questa parte, di dover assistere alla battaglia decisiva. Per gli autori Game Of Thrones resta – anzi, è sempre stato – un affare di uomini (anzi, di donne). Il gioco del trono è quello che conta ed è sempre contato. Nella 08×04 The Last Of The Starks si ritorna inevitabilmente coi piedi per terra. Dopo la battaglia con gli Estranei, dopo aver celebrato le vittime – numerosissime – e il loro sacrificio, l’atmosfera si fa quasi grottesca. La scena della cena con tanto di brindisi e celebrazioni dei vincitori è infatti un tripudio di allegria, di belle parole, ma anche di tensione. Man mano infatti gli uomini – pardon, le donne – ricominciano il gioco per la conquista del trono. Il doppio gioco, il tradimento, la parola sussurrata a bassa voce sono elementi che tornano a farsi sentire, marchio di fabbrica della serie televisiva.

Si ritorna a capofitto al gioco del trono – sensazionale il dialogo tra Tyron e Varys, informato dallo stesso Tyrion riguardo la vera identità di Jon –  con Varys che teme che Daenerys stia dando segni preoccupanti di squilibrio e tirannia e pensa che Jon sia la persona più giusta per diventare re, non solo perché legittimo erede, ma perché compassionevole. Varys si dimostra abile manovratore, consapevole che la nave potrebbe affondare.

Quali sono le conseguenze di questi sospiri contro Daenerys? Semplice, basta vedere la 08×05 The Bells dove si torna al principio fondante dell’epica di Game Of Thrones: il punto di vista. Viene concesso a tutti, perché ognuno ha le proprie ragioni, ogni episodio ha la propria sfaccettatura se guardato da un’angolazione differente, anche il personaggio più spregevole ha il suo fondo di umanità ed anche il più buono ha le proprie zone d’ombra.

Allora non stupiamoci – perché dovremmo? E’ sempre Game Of Thrones – di vedere i buoni che diventano i cattivi, le vittime i carnefici e i carnefici le vittime. Questo discorso vale soprattutto per Daenerys. La Khaleesi ha messo a disposizione la sua armata per la lotta contro gli Estranei, ha perso i suoi migliori amici, Missandei e Jorah Mormont e molti dei suoi uomini. Ha perso l’amore di Jon Snow, ha perso un altro drago, cioè un altro figlio.

Nessuno la rispetta o la teme come regina. La sua unica speranza è legata alla conquista dei Trono di Spade – che a questo punto ricordiamolo non sarebbe nemmeno suo di diritto – ma Cersei non vuole arrenders. La conseguenza è la follia, la perdita di razionalità. L’avidità, da sempre il cuore della conquista del Trono. Come se il Trono fosse maledetto, come se ipnotizzasse e piegasse alla sua volontà chi lo vuole conquistare o chi lo vuole tenere: la trasformazione si sviluppata a velocità folle, seguendo pochissimo gli sviluppi narrativi e sorprendendo, appunto, per la velocità. 

Alcuni personaggi storici muoiono nella quinta puntata. Una puntata sanguinaria che anticipa il gran finale. 

Si arriva così all’ultima puntata – 08×06 The Iron Throne – dove ancora una volta dominano i colpi di scena. Daenerys, diventata la cattiva della serie – o se volete, la più determinata a sedere sul Trono Di Spade – è ormai la regina, ma ancora una volta il gioco di Tyron fa cambiare nuovamente le carte in tavola in una delle scene più iconiche di questa ottava stagione. Daenerys sfiora il trono, sta per sedersi, quando arriva Jon che, dopo averla abbracciata, la pugnala compiendo per l’ennesima volta, il sacrificio più doloroso.

Il resto della puntata vira sulla scelta del Re dei sette regni e ancora una volta Tyron – un immenso Peter Dinklage – presenta in maniera convincente le sue tesi: Bran dev’essere il re, perché ha un storia interessante da raccontare e anche perché – cosa non da meno – non può avere figli. Chi si aspetta un finale dolce e romantico viene smentito, sono tutti sconfitti e sono tutti sacrificabili. Bran è costretto a fare il re, Tyron è costretto a fare il consigliere, Jon è condannato a vita a vivere sulla Barriera, lontano dagli affetti terreni. L’idea di una democrazia, paventata da Tarly, fa ridere un po’ tutti quanti. 

Le uniche vincenti quasi assolute sembrano Arya – che diventa un’esploratrice ai confini del mondo conosciuto – e Sansa, ma in ogni caso la famiglia Stark è più divisa che mai: ognuno ha preso la sua strada lontano dagli altri. Il futuro non sembra radioso: all’orizzonte ci sono nuovamente problemi di natura economica e persino politica ma va bene com’è al momento, sembra questo il messaggio finale.

L’ottava stagione nel complesso si conferma come buona. La formula dell’intrigo di palazzo o del doppio gioco qui ha retto poco semplicemente perché questa è stata una stagione più di azione. Un’azione gestita male in più di un’occasione – alcune morti eccellenti potevano essere gestite meglio – con un finale che, ovviamente, ha scatenato polemiche e divisioni. Non stupiamoci: Game Of Thrones è sempre stata una serie corale dove lo spettatore era invitato a tifare per un personaggio o per un altro. Probabilmente questo finale ha accontentato pochi, ma ha insegnato lo spirito del sacrificio in nome di un’ideale più grande.

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