Dylan Dog (numero 74), la conclusione in grande stile della collana dedicata al padre dell’indagatore dell’incubo. La nostra recensione

Da pochi giorni si è conclusa la collana più bella delle storie del caro e intramontabile Old Boy. Lanciata nelle edicole il 3 maggio 2017 con Attraverso lo Specchio, il Dylan Dog di Tiziano Sclavi è stata un’avventura a colori durata 24 volumi (forse pochi) con le storie più belle e rappresentative ideate dal padre dell’indagatore dell’incubo. Da Alfa e Omega a La Zona del Crepuscolo, fino a Golconda o La Notte dei Morti Viventi, la serie ha ricalcato le tappe essenziali del passato di un personaggio divenuto icona del fumetto. I nostalgici e anche i nuovi lettori hanno potuto saggiare l’immenso ingegno di Sclavi in ognuno di questi albi. Con una copertina rigida, tra prefazioni, postfazioni e appunti dell’orrore, abbiamo rivissuto le fondamenta dell’umano tra i mostri. La collana si chiude con un numero in particolare: Il Lungo Addio (numero 74 della serie regolare). Quest’ultimo, al quale sono particolarmente affezionato, non è una storia qualunque ma LA storia di Dylan Dog. Procediamo per step.
Chi è Dylan Dog? A voler usare le parole di Paola Barbato (storica collaboratrice di casa Bonelli), Dylan è un essere umano e tanto basta per farlo apprezzare al pubblico. Leggendo Superman ci si confronta con qualcosa di estraneo alle fragilità e alle debolezze umane mentre Dylan Dog è più vicino al lettore perché è un comune essere umano. Nelle sue storie affronta una varietà di avversari, siano essi mostri, demoni, assistenti dalle battute discutibili, relazioni amorose sui generis o persone apparentemente normali ma dall’anima nera. Le definizioni sul personaggio sono tante e in oltre trent’anni di vita vi lascio immaginare quante ne siano. Ciò che non è cambiato in trent’anni è l’incipit di quasi tutte le storie.
Qualcuno suona il campanello del numero 7 di Craven Road in cerca il signor Dog, per appioppargli un caso misterioso e inquietante. A riceverlo c’è Groucho che spara la classica battuta e corre a preparare un tè mentre Dylan analizza la vicenda. Nulla di strano ma per la prima volta, nel numero 74, sull’uscio si presenta una tale Marina Kimball. Chi sarà mai? L’espressione di meraviglia negli occhi dell’Old Boy la dice lunga. Marina è una vecchia fiamma di Dylan Dog, una delle più importanti se non la più significativa, per la quale c’è una profonda cicatrice sul suo cuore.

Marina non è lì per ingaggiare Dylan ma per chiedere di essere riaccompagnata a Moonlight, un paesino di mare dove abita e che ha visto nascere la loro storia d’amore. Il viaggio lungo la meta è denso di ricordi, rimpianti e nostalgia per quello che è stato. Il loro amore riaffiora e a tratti si toccano l’incredulità e la gioia per la speranza di poter ricostruire e recuperare quanto dal crudele tempo gli è stato tolto. Purtroppo, tra i tanti ricordi, la storia si conclude con Marina che, giunta a Moonlight, si congeda da Dylan con poche parole: «…Grazie Dylan … è stata la notte più bella della mia vita …». Il sole si leva all’orizzonte e Dylan scopre la tragica verità: Marina è morta suicida. Quello che Dylan ha portato a bordo del Maggiolone era lo spirito della donna. Il loro viaggio è stato l’ultimo desiderio di quest’ultima.
Il luogo della morte di Marina è una scogliera a picco sul mare dove sul fondale ci sono i resti di un antico galeone, luogo in cui Dylan tempo prima si era tuffato per dimostrarle il proprio coraggio e il suo amore. Marina da adulta è preda dei rimorsi per non aver avuto una vita felice e decide di farla finita. Prima dell’estremo gesto le appare una stella cadente e lei, donna adulta ma con il cuore innamorato di un’adolescente, esprime il suo ultimo desiderio. Dylan, tornando a Londra, immagina come sarebbe potuta andare la loro storia se quel giorno Marina fosse riuscita a raggiungerlo alla stazione prima che un treno crudele li separasse senza lasciare che i due confessassero tutto il loro amore. L’Old Boy arriva a Craven Road, saluta il suo assistente e gli chiede di lasciarlo da solo mentre si rinchiude nel suo studio a pensare.
I riferimenti alla serie sono innumerevoli. In primis il galeone dove (neanche a dirlo) Dylan troverà la sua fedele revolver Bodeo Mod. 1889 e, a seguire, il desiderio del giovane Dylan di diventare un futuro detective e dare la caccia ai mostri. Già da giovane è innamorato del maggiolino bianco della Volkswagen e, alla fine dell’albo, indossa la classica camicia rossa con la giacca nera, look che lo accompagnerà per tutta la sua carriera. Mai prima di allora si è parlato del passato di Dylan e, in questo albo, si decide di farlo con la classe che contraddistingue Sclavi. Da una biografia misteriosa emerge un’adolescenza normale e diversa da ciò a cui il personaggio ci ha abituati.

In questa storia tutto muta inspiegabilmente. Non c’è spazio per l’orrore, nessun omicidio, niente demoni o assassini, nessuna indagine e perfino Groucho è stranamente serio, zitto e non fa le sue classiche battute di spirito (cosa mai accaduta prima). Il Lungo Addio è una storia iconica, difficilmente si potrebbe immaginare Dylan Dog senza il numero 74 in lista. La band capitanata da Max Pezzali, nota come gli 883, ha inciso un brano dal titolo Ti Sento Vivere e sembra una sorta di tributo a questa storia. Nel videoclip, in particolare, la ragazza protagonista ha le sembianze di Marina. Tanta è la passione dei collezionisti e fans del sig. Dog che nell’albo numero 22 della collana Color Fest una delle 3 storie è una specie di remake dal titolo Ancora un lungo addio.
Dopo tutto questo veniamo al dunque. Perché leggere Il Lungo Addio? Se avete un cuore avete già la risposta. La storia è un mix perfetto di sentimento e poesia. La canzone che Dylan scrive per Marina è un colpo al cuore e solo lei da sola sarebbe una scusa perfetta per rileggere l’albo anche mille, duemila volte. La data di pubblicazione è un monito per tutti: novembre 1992. In quel periodo Whitney Houston canta I Will Always Love You e Kevin Costner interpreta un Bodyguard sentimentale e Romantico. I più rockettari lo ricorderanno per la pubblicazione del primo album dei RATM (Rage Against The Machine, qui il nostro articolo sulla band).
In fondo chi di noi non ha dovuto rinunciare a qualcosa? Tutti abbiamo avuto un tallone d’Achille, una Marina Kimball. Tutti abbiamo avuto quel passato che a volte ritorna e ci lascia pensare, magari ci inumidisce gli occhi con tanti rimorsi a gravare sulle nostre spalle. In questa storia capiamo come l’uomo che combatte mostri e demoni non riesce a sconfiggere l’abominio più forte e orrendo del mondo, il tempo. Quanti sognano di tornare a quel momento esatto, di riportare indietro le lancette e poter cambiare quell’attimo dal valore di una vita? In tutte le copertine di questo albo c’è l’allusione a un abbraccio mancato. Quell’abbraccio è la spina che l’umano tra i mostri porterà per sempre nel cuore con la speranza che la “prossima estate” qualcosa possa accadere. Quest’albo fa riflettere. Galeotto, galeotto Il Lungo Addio e chi lo scrisse!
P.S. Il Dylan Dog di Tiziano Sclavi si è dimostrata un’esperienza editoriale coraggiosa e di qualità. La Sergio Bonelli Editore ha fatto un lavoro encomiabile. Recuperare ogni singolo albo è un grande dovere morale per gli appassionati del personaggio e non. Come detto in apertura, l’avventura è iniziata a maggio del 2017 e terminata ad aprile 2019. Un vero peccato. Mi auguro che la prossima estate ci sarà qualche altra novità del genere… “Ma quanto tempo ci separa dalla prossima estate”?