Deadwood Dick, la serie Bonelli firmata Joe R. Lansdale. La recensione del fumetto su Diario di Rorschach

Da pochi giorni si è conclusa la prima serie (e speriamo non l’ultima) di Deadwood Dick. Il personaggio, ideato dallo scrittore statunitense Joe R. Lansdale, è stato presentato al pubblico da Sergio Bonelli Editore sotto l’egida della nuova etichetta Audace. Deadwood Dick racconta le avventure di Nat Love, un giovane afroamericano che, dopo anni passati come Buffalo Soldier, scappa dalla propria cittadina per evitare la morte per impiccagione dovuta a un banale equivoco (e al razzismo) dei suoi compaesani dalla pelle bianca. Questo è l’incipit che permetterà al nostro protagonista di imbattersi in tante e movimentate avventure suddivise in sette albi.
Non voglio tediarvi con la trama di ogni singolo albo ma cercherò di riassumere le mie impressioni sull’intera opera. Dal primo all’ultimo numero Deadwood Dick è un prodotto inedito, innovativo e particolare nel panorama Bonelli. Non è un western come quelli letti fino a ora. Il genere, che ha portato fortuna alla casa editrice, è stato rivisitato e si allontana molto da quello a cui ci ha abituato con l’inossidabile Tex (che di recente ha festeggiato i 70 anni). La linea Audace è rivolta a un pubblico di soli adulti, scelta dovuta alle caratterizzazioni alquanto esplicite dei personaggi e delle storie. Durante la lettura ci si accorge di come tutto sia in equilibrio e misurato alla perfezione. Le tavole sono ben strutturate, a tratti intense. La lettura è fluida e lineare con la voce narrante che accompagna il lettore in storie mozzafiato.
Il protagonista non è perfetto, non è il cavaliere dalla fulgida armatura come altri eroi del pantheon Bonelli. C’è da dire che è proprio la sua imperfezione a farlo amare al lettore. Sembrerà strano ma sotto la scorza di un personaggio duro e fuori dalle righe si cela una personalità ben più articolata e complessa di quanto si pensi. Dick è legato a certi valori, è riconoscente e crede nell’amicizia al punto da rischiare la vita pur di mantenere una promessa. Nel mondo di Dick le pallottole e il piombo hanno lo stesso diritto di parola degli altri personaggi. I colpi di revolver, si sentono, sono duri e senza sconti come le frasi e i discorsi, a tratti pungenti, che compaiono tra le pagine.

Come dicevo tutto si allontana dal classico Tex e dal suo West che in Deadwood Dick è tutt’altro che ideale. Certi avvenimenti sembrano talmente reali da poterli godere di persona. Il razzismo dell’epoca e l’intreccio tra le diverse etnie che convivono nell’America del tempo sono resi con estrema precisione e oggettività. Nell’ultimo albo, per esempio, Dick si accompagna a una giovane donna ma questi, per scampare all’ira dei cittadini che odiano una relazione tra neri e bianchi, sono costretti a raccontare delle frottole per portare a casa la pelle e farsi accettare. Contro quel razzismo si intravede anche la voglia di riscatto sociale dello stesso protagonista che troppe volte ha visto la sofferenza negli occhi di altri uomini di colore, suo padre in primis.
Le scene di sesso non sono rappresentate solo come freddi stimoli e debolezze della carne ma si rivelano pericolose tentazioni dalle quali può scaturire una rocambolesca caccia all’uomo (soprattutto se nero) o sfoghi dovuti allo stress per una battaglia appena conclusa. Tra tutti i personaggi il più significativo per me è Black Hat Jack. Compagno di Dick che si sacrifica eroicamente per lui, permettendogli una fuga concitata dai Kiowa che vogliono il suo scalpo. Le tavole con cui si conclude in settimo albo sono commoventi e non vi nego che una lacrima abbia solcato il mio volto: Dick torna sul luogo in cui giacciono le ossa dell’amico, le seppellisce e rimane al suo fianco un’ultima volta come ai vecchi tempi, quando da uomini liberi cavalcavano lungo la pista in cerca di tante avventure.
Colombo, Boselli e Masiero hanno fatto un lavoro egregio, un primo esperimento audace ma riuscito nel migliore dei modi. Era esattamente ciò che i lettori ceravano, nulla di più. Confrontandomi con altri lettori e appassionati di Tex o fumetti western ho scorto un piacevole sorriso nel parlare di Deadwood Dick. Un sorriso di entusiasmo e soddisfazione. Mi auguro di rivedere quel brutto muso nero di nuovo tra gli scaffali delle edicole ma intanto vi consiglio di leggere e recuperare tutti e sette gli albi o i volumi cartonati. Fatelo e vi assicuro che non ve ne pentirete.