Black Mirror Bandersnatch

Black Mirror: Bandersnatch, la rivoluzione è qui (forse)

Negli scorsi giorni è uscito uno special di Black Mirror, chiamato Bandersnatch. Un episodio a tratti rivoluzionario, a tratti contraddittorio e deludente


Inghilterra, 1984. Il giovane programmatore Stefan Butler (Fionn Whitehead) sta scrivendo un videogame, chiamato Bandersnatch e basato sull’opera di Jerome F. Davies, misterioso scrittore dell’occulto che subito dopo aver scritto il romanzo è letteralmente impazzito. Il videogame di Butler si propone di seguire filosoficamente il pensiero di Davies attraverso scelte che il giocatore può compiere durante la partita. 
Stefan è un solitario, vive col padre e va da una specialista. Da piccolo sua madre è morta e il ragazzo non fa che addossarsi la colpa dell’incidente.
La creazione di Bandersnatch metterà a dura prova i nervi del giovane, attraverso visioni, incubi, ossessioni. E scelte. 

Già perché la vita di Stefan è fatta di scelte. Da alcune banali – come la scelta della colazione o della musica da sentire in autobus o da comprare – ad altre molto più interessanti e movimentate. La rivoluzione di Black Mirror: Bandersnatch risiede nel fatto che queste scelte le deve compiere lo spettatore.
E’ lo spettatore che sceglie il destino di Stefan. E’ lo spettatore che interviene per dare una scossa alla trama o per aprire una cassaforte. 

Sulla carta Black Mirror: Bandersnatch ha tutte le carte in regola per sorprendere. Un episodio interattivo, dove la vita di Stefan dipende dal tasto del telecomando dello spettatore. Scavando a fondo si trova una pochezza di trama – anche se, va detto le citazioni di Alice In Wonderland di Lewis Carroll sono interessanti – che rendono l’episodio interattivo di Black Mirror il meno bello di tutte le stagioni della serie creata da Charlie Brooker.

La sensazione è che Black Mirror: Bandersnatch sia più uno spot di Netflix – non ha molto senso, a un certo punto della trama, la comparsa del logo di Netflix che dice a Stefan che qualcuno lo sta spiando – che un episodio di Black Mirror a tutti gli effetti.
L’amarezza, lo sgomento, lo stupore, i colpi di scena in questo episodio interattivo sono completamente assenti. Quello che faceva Black Mirror era provocare, non far scegliere. Anzi. Proprio Black Mirror è una serie da subire e non da modificare a proprio piacimento. Black Mirror spiattella(va) in faccia la verità – o una possibile, futura verità – sul destino dell’Uomo. Black Mirror: Bandersnatch è un videogame, un divertissement in attesa di (si spera) puntate migliori.

L’idea dell’episodio interattivo – badate bene, solo l’idea – sembra anche reggere il tutto. In alcuni casi una volta che lo spettatore raggiunge un finale il film interattivo permette di riconsiderare una particolare scelta critica in modo da accedere ad altri finali, o in alternativa di visualizzare direttamente i titoli di coda. In altri casi è possibile raggiungere lo stesso segmento in modi diversi, ma allo spettatore vengono mostrate opzioni differenti in base alle scelte effettuate precedentemente.

Quello che però non funziona è proprio l’assenza di una profondità di trama – abbellita da riferimenti alla vecchie puntate di Black Mirror come se quelli, solo quelli potessero bastare a riempire la trama – come se ci si fosse più concentrati sulla forma che non sulla sostanza. Black Mirror: Bandersnatch resta un episodio interessante, indubbiamente un esperimento che ha fatto e farà discutere. Resta da capire dove inizia l’esperimento, la rivoluzione e dove finisce il ruolo dello spettatore, libero di scegliere ma anche incastrato dalla stesse decisioni che prende durante la puntata. A voi la scelta.

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