Su Diario di Rorschach la recensione del nuovo disco degli Smashing Pumpkins, Shiny And Oh So Bright in attesa di rivederli dal vivo a giugno
Continuiamo a dire da diverso tempo che il rock non è morto, ma che ha cambiato pelle. Non c’è più bisogno di assoli lunghissimi di chitarra elettrica – strumento, tra l’altro in profondissima crisi – così come non c’è più bisogno di un’estetica vicina agli anni settanta per essere rock. Per essere rock non occorre essere capelloni, insomma. Prendete gli Smashing Pumpkins e il loro ultimo disco, in uscita oggi.
Shiny And Oh So Bright – questo il titolo dell’LP – ha poco è niente delle atmosfere rarefatte, dreamy, geniali e caotiche dei dolorosi anni Novanta. Gli Smashing Pumpkins sono tornati, ma sono anche cambiati, mutati. Cresciuti. Billy Corgan aveva ripreso in mano il progetto intorno alla metà degli anni Zero – ehm… – con una nuova band e con un Jimmy Chamberlin che entrava e usciva dalla band come se niente fosse.
L’impressione di quei dischi – da Zeitgeist a Monuments To An Elegy – era che non fossero frutto di un lavoro collettivo ma del solito, strabordante, ego di Billy Corgan. Un anno fa avviene l’inatteso. Sul palco del concerto degli Smashing Pumpkins sale James Iha, alter ego di Corgan e fondatore del gruppo ormai trent’anni fa. Iha aveva abbandonato la band nel 2000 quando Corgan mise fine al progetto delle Zucche.
Iha – all’epoca impegnato con gli A Perfect Circle – subito dopo la registrazione di Eat The Elephant lascia il supergruppo e torna tra le braccia di Corgan. Il resto è storia recente: un tour partito lo scorso agosto che ha toccato l’Italia lo scorso mese e un disco, quasi un EP, dal titolo Shiny And Oh So Bright.
Il primo brano disponibile, Solara, ammiccava agli Smashing Pumpkins di qualche decade fa mentre Silvery Sometimes (Ghosts) dimostrava che la penna di Corgan era ancora in grande forma. L’impressione, ascoltando il nuovo disco delle Zucche, è quella di trovarsi davanti a un gruppo più sereno, disteso. A un gruppo e non a un’Armata Brancaleone dominata da un despota c0m’è stato fino al 2000.
Forse Corgan è riuscito a fare pace con sé stesso e la solarità di alcuni brani – l’opener Knights Of Malta o Travels – è lì a dimostrarlo. With Simpathy rappresenta l’emblema del nuovo corso delle Zucche: un incedere deciso di batteria accompagna un tocco di chitarra e il basso. Poi parte la voce di Corgan. Serena, rilassata, sognante. Ascoltando With Simpathy avrete un piccolo sunto sonoro su quello che è il nuovo disco delle Zucche.
Altri brani come la già citata Solara o Marchin’ On riportano l’ascoltatore ai tempi del CD e dei videoclip su MTV. Chiude il disco Seek And You Shall Destroy dal piglio deciso e aggressivo condito da una linea melodica molto potente.
Shiny And Oh So Bright è un disco che scorre via veloce, lasciando poche tracce dietro di sé. Nonostante i nomi siano gli stessi – Billy Corgan, James Iha, Jimmy Chamberlin, manca solo D’arcy Wretzky – di venti e passa anni fa, si sente un cambiamento, una maturità tra i solchi del disco. Disco meno rock di quelli storici – il paragone con il noise di Siamese Dream o l’eclettismo di Mellon Collie And The Infinite Sadness non reggerebbe nemmeno per sbaglio – Shiny And Oh So Bright vive di atmosfere più che di rumore. Di sfumature più che di colori decisi.
La sensazione, una volta terminato il disco, è quella di avere tra le mani un buon lavoro da parte di chi ha segnato la scena rock degli anni Novanta e che ora, con l’età e la maturità, può permettersi di presentare un disco più disteso. Con buona pace delle Armate Brancaleone.