Su Diario Di Rorschach la recensione di Maniac, sorprendente miniserie andata in onda su Netflix nelle scorse settimane.
Per chi non lo sapesse, dietro il successo di True Detective – serie tv che in onda dal 2014 – si nasconde Cary Fukunaga, regista, sceneggiatore e produttore. L’ultima creatura di Fukunaga è Maniac, una miniserie di dieci puntate uscita su Netflix nelle scorse settimane. Protagonisti di Maniac sono Jonah Hill – Django Unchained, The Wolf Of Wall Street, Hail Caesar! – e Emma Stone (Birdman, La La Land).
Interpretano Owen e Annie, due depressi che a modo loro finiranno per incontrarsi in un’azienda farmaceutica che promette loro, tramite sperimentazioni, di guarirli e di dare loro la felicità.
Annie è una ragazza nervosa, ribelle, squattrinata, tossicodipendente. Depressa. Sopravvissuta a un grosso trauma che le ha cambiato per sempre il modo di vivere e intendere la vita. Owen è il silenzioso figlio di famiglia ricchissima esiliato dai genitori che gli hanno preferito gli altri fratelli. Soffre di schizofrenia. Vive in un minuscolo monolocale. Ha sulle spalle il peso di dover mentire per difendere il fratello che ha subito accuse pesanti.
Owen e Annie partecipano a un esperimento condotto dall’azienda Neberdine Pharmaceuticals and Biotech. Ideata da un due di dottori geniali in conflitto tra loro. La cura in sperimentazione prevede l’assunzione – monitorata attraverso video, colloqui e test vari – di tre pillole denominate A,B e C, che dovrebbero essere in grado di risolvere per sempre qualsiasi tipo di disturbo mentale. Ogni pillola segna uno step – la A mostra loro tramite il sogno il motivo della loro infelicità, le pillole B e C sempre attraverso il sogno, mostrano ai soggetti come raggiungere la felicità – un traguardo da raggiungere giorno dopo giorno. Accade però qualcosa, qualcosa che mette in connessione i due protagonisti.
Maniac è una serie tv affascinante e molto più complessa di quello che appare. Durante le dieci puntate – che vanno da un minimo di trenta minuti a un massimo di quarantacinque – viene raccontato il passato di Owen e quello di Annie. Non solo. Durante le puntate scopriremo clamorosi colpi di scena e dettagli grotteschi e inquietanti che riguardano non solo i due protagonisti ma anche i dottori, in particolar modo Mantleray. Ancora, un ruolo fondamentale viene svolto dal computer della Neberdine, una sorta di HAL 9000 con tanto di sentimenti e rancori.
Maniac è una serie misteriosa. Lo spettatore viene inglobato in un’atmosfera a metà tra Brazil di Terry Gilliam e il cinema di David Lynch.
L’aspetto geniale di Maniac è che racconta anche i deliri visionari dei due protagonisti – specie di Owen – facendo interrogare lo spettatore su ciò che è reale o meno. Le puntate della cura – o se vogliamo, dei sogni – sono Cinema di alto livello. Vengono citati David Lynch, Quentin Tarantino, Wes Anderson, Stanley Kubrick, i fratelli Coen.
Il punto di forza sono gli attori. Emma Stone veste i panni della ragazza tossicodipendente – vi ricordate Birdman? – ma anche quelli della donna decisa ad aiutare una sua paziente, portando un lemure alla figlia (chi vedrà la serie capirà). Jonah Hill, pur restando sempre Owen, diventerà molte persone diverse, portando con sé gli impacci e l’andatura sbilenca del suo personaggio. Nella 1×04 Furs By Sebastian – che cita il linguaggio verboso di Tarantino col cinema dei Coen – è in scena con un’improbabile stile anni ottanta con tanto di look da giocatore di football. E’ un marito dal cuore d’oro che farebbe qualunque cosa per la propria moglie.
Nel 1×05 Exactly Like You, una sorta di Eyes Wide Shut anni Quaranta, i due vivono un rapporto morboso, tra danze, colpi di scena e misteriose scomparse.
La nuova creatura di Cary Fukunaga colpisce nel segno. Lo fa grazie a un’estetica ben precisa e un’idea di intrattenimento che coinvolge lo spettatore. Il giochino dei rimandi cinematografici funziona a meraviglia e lo spettatore appassionato troverà pane per i suoi denti. Consigliatissima, per avvicinarsi alle serie tv dopo l’estate.