Stoneheart, la serie nata dalla mente dei creatori di Crypt TV. La nostra recensione sulle due stagioni dedicate alla vendicatrice dark senza scrupoli

Crypt Tv, come detto, è una delle più interessanti realtà dell’horror legata alla diffusione del genere attraverso l’affascinante strumento del cortometraggio.
Cercando di farsi strada nell’ambiente come una sorta di alternativa a Netflix, la compagnia di intrattenimento ha prodotto fra il dicembre 2017 ed il luglio 2018 una delle mini-serie più intriganti del web: Stoneheart.
Stoneheart, che si divide in due stagioni da 3 e 4 (per il momento) episodi, si fonda – escludendo il primo episodio, di presentazione per tutta la serie – su una sorta di anti eroina dark che, con l’intento di debellare le avversità della vita, giustizia gli autori di atti deplorevoli.
In realtà, questa strega dal potere antico non è la sola protagonista della serie ma condivide questo ruolo con una ragazza che funge da contenitore del suo spirito ed esecutore delle sue azioni.

Grazie a Stoneheart, ennesima serie di Crypt TV, la compagnia raggiunge livelli mai visti fino a quel momento tanto per la continuità nel lavoro quanto per la creazione di un vero e proprio spazio a sè stante immerso in uno specifico genere cinematografico.
Come ricordato nella presentazione del canale web del quartetto statunitense, anche in questo caso il vero punto di forza è rappresentato dallo strumento cortometraggio.
La presenza di tanti mini – film autoconclusivi, uniti solamente nei primi due episodio per generare quel filo logico che caratterizza la stessa, non solo mostra tutto d’un fiato un cult in un ambito tipicamente legato al grande schermo – concentrando quanto più possibile in pochi minuti – ma consente anche di scorgere un nuovo orizzonte tra le serie TV tutto da scoprire.
La continuità tra una stagione e l’altra, inoltre, mostra sia la bontà del prodotto – che ha avuto molta presa sul pubblico – che la possibilità di continuare a costruire uno scenario fondato sulla vendicatrice horror creata qualche tempo prima.
Infine i giochi di luce, che segnano i due contesti considerati (quello della ragazza e quello in cui primeggia l’essere vendicativo), da un lato permettono di vivere al meglio le esperienze presentate e dall’altro si inseriscono all’interno del più classico contesto horror – accompagnato da musiche e suoni di rito – modellato per l’occasione in base all’idea di riferimento.