Su Diario di Rorschach raccontiamo uno dei dischi più attesi dell’anno: Eat The Elephant dei ritrovati A Perfect Circle. La nostra recensione
Quattordici anni. Sono trascorsi quasi quattordici anni dall’ultimo disco degli A Perfect Circle. Se vogliamo essere pignoli – e in questo caso ci va di esserlo – sono quindici considerato che l’ultimo disco della band di Billy Howerdel era eMotive, un disco di cover.
Inutile parlare di quanta acqua sia passata sotto i ponti da quel novembre 2004. All’epoca George W. Bush riconquistava la Casa Bianca e l’uscita di eMotive, album dal tratto antimilitaristico e pacifista, suonava quasi come una beffa, guidata dalla cover di John Lennon Imagine e da quella dei Depeche Mode People Are People.
Anche musicalmente le cose erano diverse. Una superband come gli A Perfect Circle – che vede tra gli altri Maynard James Keenan dei TOOL alla voce, James Iha degli Smashing Pumpkins alla chitarra, Billy Howerdel alla chitarra principale – era quasi consuetudine, visto che nei primissimi anni Zero il rock era (ancora) una fonte di ispirazione e dischi come Mer De Noms o Thirteenth Step non solo erano accolti con entusiasmo ma anche con curiosità da parte di una platea generazionale variegata e curiosa.
Oggi, A.D. 2018, le cose sono cambiate. Il rock ha perso la sua forza propulsiva. I Pearl Jam sono diventati quasi una parodia di sé stessi. I Nine Inch Nails hanno fatto anche dischi brutti e i Queens Of The Stone Age hanno dato alle stampe i loro migliori lavori tantissimo tempo fa.
Eat The Elephant risente della crisi del rock: dimenticatevi le chitarre post-grunge di The Hollow. Scordatevi la rabbia di The Outsider o il basso devastante di The Package.
Il nuovo album degli A Perfect Circle è sicuramente più morbido. A partire dalla copertina. Brutta, terribile. Nella copertina del disco si trova una chiave di lettura del disco. Ci sono due personalità, che hanno un cuore/polipo in mano. Doppia personalità. Quella di Billy Howerdel e Maynard James Keenan. Eat The Elephant non ha la forza motrice dei primi due dischi degli A Perfect Circle ma piuttosto si erge come un LP riflessivo, rabbioso sì, ma quasi silente un po’ come la chitarra di Howerdel che pennella il suo strumento con dovuta cautela.
Un LP diviso a metà, appunto.
Se in eMotive l’intenzione era quella di avvisare del pericolo imminente, Eat The Elephant non spreca il fiato, sapendo già come va a finire. La speranza è svanita.
Le liriche di Keenan spiazzanti, rabbiose, intelligenti, poggiano su un tappeto sonoro molto delicato come accade ascoltando Disillusioned. Chi ha apprezzato il progetto Puscifer troverà minuscole e impercettibili affinità tra il side project del vocalist dei TOOL e questo brano degli A Perfect Circle. Ma in realtà dei Puscifer si trova pochissimo in questo disco, per fortuna.
TalkTalk, altro brano uscito in anteprima negli scorsi mesi, racconta delle chiacchiere dei politici che parlano come Gesù ma che in realtà sono insopportabili: get the fuck out of my way, urla Maynard nel ritornello.
Eat The Elephant si apre con un brano lento, cadenzato, che fatica ad esplodere. Eat The Elephant mostra le carte del nuovo corso degli A Perfect Circle. Ritmo lento, batteria pulsante, quasi ipnotica. The Contrarian, terzo brano dell’LP, sembra rimandare ai Cure di Disintegration. Un brano barocco e nero guidato dalla solita prestazione stellare di Keenan.
By And Down The River era uscito nel 2013 per celebrare l’uscita del disco dal vivo Stone And Echo. E’ una nenia tinta di nero che rimanda nuovamente agli anni Ottanta e in particolar modo ai Cure.
The Doomed, uscito lo scorso ottobre, è uno dei pochi brani che ricorda agli A Perfect Circle che conoscevamo e amavamo. Ancora una volta le parole sono potenti, ciniche, spietate.
Behold a new Christ/Behold the same old horde/Gather at the altering/New beginning, new word/And the word was death/And the word was without light/The new beatitude/Good luck, you’re on your own
So Long, And Thanks For All The Fish è uno degli estratti più interessanti del disco. In teoria. Il testo cita apertamente la vita e e le opere di David Bowie, Gene Wilder, Muhammad Ali e Carrie Fisher, tutti scomparsi lo scorso anno. Il titolo è una chiara citazione di The Hitchhiker’s Guide To The Galaxy (Guida Galattica Per Autostoppisti). Tutto molto interessante, se non fosse che il brano è quanto di più radio friendly si possa trovare. Sentire la voce di Keenan così melodica è quasi straniante.
Delicious è un pezzo molto melodico e assieme a So Long, And Thanks For All The Fish è la composizione più easy listening del lotto. Tutt’altro discorso merita la parte finale dell’LP guidata dalla strumentale DLB che introduce la coraggiosissima Hourglass primo e vero brano elettronico degli A Perfect Circle. La voce di Keenan è filtratissima, irriconoscibile. Il brano è tutto – robotico, straniante, aggressivo – tranne che melodico. Una filastrocca elettronica.
Red flag red, all the sentinels are damned/The Tokyo kitty, swallow, rose, and canary/Tick tick tick, do you recognize the sounds as the grains count down/Trickle down right in front of you?
La parte finale di Eat The Elephant mostra le migliori composizioni con Feathers e la conclusiva Get The Lead Out di matrice elettronica, in equilibrio tra Depeche Mode e Nine Inch Nails che apre, non si mai, una nuova fase nella carriera degli A Perfect Circle.
Eat The Elephant è un buon lavoro. E’ senza ombra di dubbio un LP sfaccettato: troverete gli A Perfect Circle dei primi due dischi – The Doomed, TalkTalk, The Contrarian – ma anche quelli più melodici – So Long, And Thanks For All The Fish, Delicious – e sperimentali come in Hourglass, Get The Lead Out.
Troverete un po’ di Puscifer e un po’ di Ashes Divide. Troverete insomma tutto quello che è accaduto musicalmente in questi quindici anni. Buon ascolto.