Chiamami Col Tuo Nome

Chiamami Col Tuo Nome – La Trilogia Del Desiderio

Chiamami Col Tuo Nome di Luca Guadagnino è una delle sorprese della stagione cinematografica. Ne parliamo su Diario di Rorschach


Luca Guadagnino ha chiuso la sua trilogia del desiderio. Con Chiamami Col Tuo Nome ha dato vita a un affresco potente e incalzante grazie a una storia non banale, a una regia sontuosa e a una fotografia meravigliosa.

Io Sono L’amore – film del 2009 – fu accolto con entusiasmo negli Stati Uniti, passando sottobanco in Italia e ottenendo una nomination all’Oscar per i costumi di Antonella Cannarozzi. A Bigger Splash – secondo tassello della trilogia del desiderio – è stato girato nel 2015 con la musa Tilda Swinton protagonista, accanto a Ralph Fiennes, Matthias Schoenaerts e Dakota Johnson, girato in inglese, ma con un’ambientazione italiana, questa volta l’isola di Pantelleria.

Chiamami Col Tuo Nome – che esce appunto dopo Io Sono L’amore e A Bigger Splash – è la storia di Elio, un diciassettenne di origini americane, ebraiche, francesi che passa l’estate in Italia con la sua famiglia, ovvero il padre, professore di archeologia – interpretato da Michael Stuhlbarg –  e la madre (Amira Casar). Siamo nel 1983, da qualche parte nell’Italia del Nord.
L’estate di Elio (un eccellente Timothée Hal Chalamet) ha una svolta improvvisa quando arriva Oliver (Armie Hammer) ventiquattrenne studente ebreo americano, una sorta di assistente del padre. All’inizio i due si evitano, Elio ha un carattere chiuso mentre Oliver è esuberante e sprizza energia da ogni poro. Col passare delle settimane i due si avvicinano e si innamorano, trascorrendo sei settimane di passione.

Chiamami Col Tuo Nome è un film potente e allo stesso tempo delicato. Mette in mostra una storia d’amore libera da ogni schema e lo fa con grazia e poesia. Non troverete banali luoghi comuni nella pellicola di Guadagnino. Nè banalità. E’ una storia vera, intensa, che trasuda passione a ogni scena. E’ un film quasi perfetto, pieno di particolari, di inquadrature, di rumori, di odori, di momenti di pura immersione nelle emozioni e nel desiderio. E’ un lungometraggio sulla libertà. Sul senso di libertà. Libertà linguistica – il francese, l’italiano, il dialetto lombardo, l’americano si mischiano tra di loro – libertà sessuale – quella di Elio e Oliver – e infine libertà di parola: il dialogo finale del padre a Elio è qualcosa di meraviglioso, da lacrime agli occhi.


Chiamami Col Tuo Nome, i due attori protagonisti sul set
Chiamami Col Tuo Nome, i due attori protagonisti sul set

La troupe di Guadagnino ha letteralmente costruito ogni dettaglio di quel 1983. Gli oggetti, i vestiti, le riviste, le musiche – a un certo punto di sente Radio Varsavia di Franco Battiato – persino la luce è quella del 1983. Tutto è perfetto, ma nulla appare costruito. Anzi tutto sembra essere delicatamente poggiato, scena dopo scena.

Il film di Guadagnino è emotivamente intenso, quasi devastante, evoca turbamenti adolescenziali e tanta nostalgia per l’età adolescenziale (e per gli anni Ottanta) in cui le scelte erano potenzialmente infinite e c’era la possibilità reale di creare il proprio futuro secondo attitudini, desideri, volontà. Elio è un ragazzo appassionato di musica – indossa la maglia dei Talking Heads e ascolta musica classica in continuazione – con un avvenire davanti. Un avvenire fatto di scoperte. Lontano nel film, si muove anche la politica, con citazioni su Bettino Craxi, all’epoca in procinto di creare il governo delle larghe intese. Ma la politica è lontana: lo sguardo di Guadagnino è lo sguardo del suo protagonista.

Luca Guadagnino cita apertamente Bernardo Bertolucci in quello che è il suo film più apprezzato tanto dalla critica internazionale quanto da quella italiana che si accorta – grazie alle quattro nomination agli Oscar – di avere un nuovo talento cinematografico. Agli Oscar infatti il film di Guadagnino ha ottenuto la nomination per il miglior film, miglior attore a Timothée Chalamet, migliore sceneggiatura non originale a James Ivory e infine miglior canzone a Sufjan Stevens per Mystery of Love.

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