Scheletri, la terza raccolta di racconti di Stephen King. La recensione del lavoro su Diario di Rorschach
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Recensire una raccolta di racconti è un’impresa alquanto ardua.
Se poi questa è una delle più celebri del Re dell’horror, allora il compito è ancor più difficile trattandosi di un lavoro che riesce ad abbracciare diversi generi e con sfumature differenti in ogni singola parte.
Scheletri, terza raccolta di storie di Stephen King pubblicata nel 1985, è un’opera in cui lo scrittore non solo si mostra sotto un’ulteriore chiave – intervallando il classico horror al più semplice intermezzo letterario – ma riesce a dettare anche un particolare ritmo attraverso una visione a trecentosessanta gradi della quotidianità americana.
In Scheletri, quindi, è possibile ritrovare quel perfetto mix dove si riesce ad accontentare tanto gli appassionati quanto coloro che si approcciano per la prima volta a questo autore.
Ciò che maggiormente risalta agli occhi del lettore è la tecnica utilizzata dallo scrittore di Portland nell’orientare la raccolta di racconti.
Infatti, alternando storie lunghe e costruite nel suo più classico stile (tra cui The mist e L’arte di sopravvivere su tutte) e storie medie dal più tenero tono – di cui alcune totalmente fuori dai canoni di King -, lo scrittore non solo mantiene viva l’attenzione del lettore, grazie ad una sorta di riposo strategico verso il genere che lo ha reso celebre – ma permette di saltare da una parte all’altra piacevolmente attraverso un continuo trasformarsi della situazione in questione.
Questa caratteristica di Scheletri, che spiazza totalmente l’appasionato medio, consente quindi di cogliere la poliedricità dell’autore e, allo stesso tempo, di innamorarsi immediatamente di tutte le ambientazioni descritte.

A ciò, inoltre, si associa anche la caratteristica principale dell’autore, espressa attraverso la la descrizione minuziosa dei dettagli – peculiarità di King – che oltre a trasportare nelle storie il lettore , rende sempre più reale tanto l’ambiente circostante quanto le sensazioni provate dai protagonisti.
Infine, vogliamo chiudere con una massima dello scrittore – ripresa nell’introduzione a Scheletri, facendo riferimento ad una discussione con un suo amico (tale Wyatt) sul misero guadagno ottenuto con uno dei suoi racconti apparso su Playboy – sul perchè scrivere una raccolta di racconti, che riassume in sè la volontà di affrontare un lavoro come questo:
” Non ti dirò che cosa mi hanno pagato per questo libro, ma ti devo un piccolo aggiornamento, Wyatt. Il profitto complessivo di Il word processor degli Dei (la storia in questione, ndr), al netto delle imposte, ha superato ormai i duemilatracento dollari (la cifra ottenuta con la pubblicazione su Playboy, ndr), senza nemmeno contare i settecentosessantanove e cinquanta centesimi rimasti dal tuo accurato lavoro di sfrondamento quando sei stato ospite della mia casa sul lago. Fimerò il biglietto Steve – O e aggiungero un post – scriptum: Confesso che avevo dell’altra birra in frigo e me la sono bevuta io dopo che tu te ne sei andato.”