Bojack Horseman, il nuovo capolavoro di Netflix sul mondo delle star di Hollywood. La recensione della serie animata su Diario di Rorschach

Da ormai diverso tempo Netflix è diventato un punto di riferimento per Serie Tv, film e serie animate.
Fra le tante proposte presentate nell’ultimo periodo, una delle più interessanti è senza dubbio Bojack Horseman, la serie animata su un mondo di Hollywood (o Hollywoo, come viene scherzosamente chiamata dalla seconda stagione) particolare abitato da animali antropomorfi ed umani.
La serie, che si divide in quattro stagioni da dodici puntate l’una (circa vinticinque minuti ad episodio), è stata creata da Raphael Bob-Waksberg, comico e sceneggiatore statunitense, e disegnata dalla fumettista Lisa Hanawalt.
La storia si basa sulla vita di Bojack Horseman, un cavallo attore reduce da una sit-com di successo degli anni novanta, e del gruppo di attori, agenti e manager che ruotano all’interno del mondo di Hollywood.
Imbrigliato, mai aggettivo fu più appropriato, nel suo ruolo in Horsin’ around – la serie che gli ha dato il successo in passato – per diverso tempo, Bojack cerca in tutti i modi di apparire sotto un’altra luce al grande pubblico districandosi fra le diverse figure che ne modellano la carriera in questo particolare mondo.
Il lavoro, che ha riscosso grande successo tra la critica e gli appassionati del genere, si caratterizza per una serie di elementi che partono dalle follie del mondo di Hollywood – descrivendo la sregolatezza della vita degli attori e di tutto il mondo che gira attorno – per arrivare ad una descrizione della realtà vista sotto diversi punti di vista.

Considerando questi specifici punti, rafforzati dalla presenza di un sistema di informazione frivolo che si basa esclusivamente su scoop inerenti le celebrità, Bojack Horseman si rende geniale tanto per la caratterizzazione dei personaggi, indispensabile per l’evoluzione di tutta la serie, quanto per le situazioni affrontate dagli stessi in un mondo fondato sull’alcol, l’opportunismo e l’eterna lotta per il primato nella società.
Proprio questi dati vengono resi significativi grazie ad una maturazione continua dei personaggi – ed in particolar modo del protagonista- che porta ai quattro finali di stagione in cui ad ogni evento significativo per Bojack corrisponde un cambiamento rilevante per la vita di ognuno.
Attraverso questa tecnica, quindi, si conduce ogni singolo interprete ad una personale ricerca della felicità che, contrapposta al cupo passato, porta i personaggi a plasmarsi in base alle situazioni affrontate giornalmente e alle soluzioni adottate.
Bojack Horseman, dunque, si inserisce all’interno di un contesto peculiare che si muove all’interno di una contemporanea Fattoria degli animali, in cui viene messa in evidenza la decadenza dell’uomo degli anni duemila – troppo impegnato a badare alle futilità della propria esistenza – che fatica a trovare una reale collocazione all’interno di un mondo in continuo cambiamento.
Politicamente scorretta e senza alcun tipo di freno inibitorio, la serie tende infine ad estermizzare le debolezze di un’umanità persa nelle banalità del mondo e nel modo in cui la stessa fronteggia una realtà più dura di quanto la si vuole far apparire.