Mad Men

Mad Men. L’odore dei gloriosi anni Sessanta sul piccolo schermo

Uscita nel 2007, Mad Men è una delle serie tv più ricche e sfaccettate mai apparse sul piccolo schermo. La nostra opinione su Diario di Rorschach


New York, Stati Uniti, 1960.
Peggy Olson è una giovane segretaria che entra a far parte della Sterling Cooper, un’agenzia pubblicitaria. E’ una donna giovane e determinata e viene introdotta in un mondo tutto nuovo.
La Sterling Cooper è uno specchio perfetto per raccontare gli Stati Uniti di quegli anni. Un Paese che usciva dalla Seconda Guerra Mondiale – pur conservando profonde cicatrici – ma che iniziava a mostrare i muscoli agli altri Paesi, compresa ovviamente l’URSS. La pubblicità diventa l’arma perfetta per raccontare gli Stati Uniti, per conquistare consensi, per mostrare un Paese in perfetta forma. Ma anche per raccontare la società e i suoi radicali cambiamenti.


Mad Men racconta gli advertising men, che diventano ad men e infine mad men. Uomini pazzi e bugiardi, quelli delle campagne pubblicitarie con la sigaretta sempre accesa e l’immancabile bicchiere tra le mani. Gli uomini con le loro amanti, i loro segreti. Le loro bugie. Gli uomini a casa, tra moglie e figli o in giro per locali a flirtare con giovani ragazze. Il personaggio di Donald Draper è perfetto. Tutti vogliono essere Donald Draper. Mad Men racconta l’America rampante, assetata di Potere e piena di scheletri nell’armadio. Don non è un personaggio facile. Apparentemente freddo e distaccato, è un realtà un abile calcolatore, un giocatore di scacchi perfetto.


Accanto a Don – che è il direttore creativo quello cioè a cui passano tra le mani tutte le campagne pubblicitarie – si muove un esercito di pubblicitari, tra i quali molti giovani – uno di questi è Peter Campbell – e qualche anziano. Mad Men riesce a raccontare la Storia attraverso occhi diversi. I reduci della Seconda Guerra Mondiale, quelli della Korea, le nuove leve, gli anziani e poi le donne. Già, le donne. La serie rispetta, racconta il punto di vista di tutti, senza giudicare. In quel periodo storico le donne – le vere destinatarie di molti dei messaggi pubblicitari – iniziavano a reclamare un posto di lavoro, considerazione. Rispetto. A qualsiasi costo.

Ma c’è molto di più sotto la patina squisitamente sixty che Mad Men mostra al proprio pubblico. Personaggi studiati nei minimi dettagli, una trama superba, una sceneggiatura quasi sussurrata, dialoghi da film noir – alcune battute sono semplicemente meravigliose come quando Don spiega cos’è l’amore – e poi costumi e musiche perfette. ll boom economico, l’emancipazione della donna che deve affrontare il maschilismo sul posto di lavoro, la famiglia in stile anni cinquanta che va in crisi, il tradimento, l’omosessualità, ma anche grossi eventi storici, come la morte di Marilyn Monroe, le manifestazioni dei neri, Kennedy, Bob Dylan, la paura di massa per la crisi missilistica di Cuba. Lo sbarco sulla Luna. E ancora i Beatles e i Rolling Stones. 

Mad Men, tutti i personaggi
Mad Men, tutti i personaggi

Ma ritorniamo ai personaggi. Difficile scegliere un unico personaggio per descrivere la serie. Mad Men è così piena di characters – tutti attori di altissimo livello – che diventa difficile affezionarsi solo a uno. Ogni personaggio viene studiato, sezionato psicologicamente. Lo spettatore si affeziona ad essi – perché li vede come realmente sono – così quando uno di loro fa qualcosa di ingiusto o cattivo, lo spettatore non lo condanna, ma tende ad assolverlo.


C’è uno studio psicologico nei protagonisti della serie che è impressionante. Ognuno di loro si trova a fare delle scelte, a contraddirsi, ad odiarsi. Impossibile citare tutti protagonisti della serie. Abbiamo parlato di Don Draper – uno strabiliante Jon Hamm – ma sarebbe ingiusto affermare che la serie ruoti solo attorno a lui. C’è Peggy (Elisabeth Moss) che col tempo diventa amica di Don; c’è Pete. Ci sono Bertram Cooper – il proprietario dell’azienda, una sorta di angelo custode della pubblicità fissato col Giappone – e Roger Sterling (John Slattery) l’eterno ragazzino non più giovanissimo pronto a saltare da un matrimonio all’altro. A lui vengono affidati i momenti ironici e alcune tra le migliori freddure di tutta la serie.


E poi c’è Joan. Più che una segretaria, un prete confessore. Abilissima nel destreggiarsi tra i rapporti, esperta consigliera, amante discreta, sa sempre quello che c’è da fare, e sa come farlo al meglio. In una particolare puntata – dove i protagonisti vedevano le varie segretarie in ufficio e le paragonavano a Marilyn Monroe o Jackie Kennedy – alcuni si chiedevano a quale categoria appartenesse Joan.
Joan non è né Jackie, né Marilyn. Joan è Joan.

Di fronte a tutto questo – una sceneggiatura delicata ma decisa, una cura dei dettagli maniacale, uno stile cinematografico assolutamente coerente con l’epoca – non mancano i colpi di scena. Mad Men è una serie dove il sesso e la violenza sono ben presenti. Ma le nudità e il sangue non vengono mai mostrati. I colpi di scena quando ci sono, fanno male. Alcuni sono veramente pazzeschi. Eppure non c’è una musica particolare che sottolinei il momento. La quasi assenza di colonna sonora – eccetto per i titoli di testa e per quelli coda – la rendono vera, reale, vicina alla realtà.


E’ lo stesso stile dei Sopranos: crea dei grandi personaggi, mettigli in bocca buone battute, libera la trama che passa in secondo piano perché l’attenzione viene rivolta all’evoluzione dei personaggi stessi, fai affezionare questi personaggi agli spettatori e otterrai un masterpiece.

La serie si svolge in sette stagioni. Ogni stagione conta tredici episodi, eccetto l’ultima che è stata divisa in due tronconi da sette episodi ciascuno. La prima parte di questi sette episodi dell’ultima stagione termina con una grosso cambio, una rivoluzione, quasi. I protagonisti che abbiamo amato per sette stagioni si trovano da soli, quasi spaesati a fare delle scelte enormi. Le ultime sette puntate mostrano le conseguenze di tale rivoluzione. Con un messaggio ben preciso. Nonostante le sofferenze, nonostante le piccole e grandi tragedie la vita va avanti, anche quella lavorativa. In modo che i bugiardi possano continuare a mentire.

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