Mentre il mondo celebra e critica il nuovo Alien Covenant, su Diario di Rorschach parliamo del primo inquietante film diretto da Ridley Scott nel 1979
In queste settimane si fa un gran parlare di Alien Covenant, ennesimo sequel – prequel, spinoff e chi più ne ha più ne metta – della serie Alien iniziata nel 1979 col lungometraggio diretto da Ridley Scott.
Tutto quello che ruota attorno ad Alien e alla sue origini si lega indissolubilmente allo sceneggiatore Dan O’Bannon – scrittore di Dark Star per un giovanissimo John Carpenter – che sul finire degli anni Settanta, intrigato dalla possibilità di scrivere un film horror e fantascientifico inizia a lavorare sulla sceneggiatura di un nuovo film.
Dopo aver scritto Dark Star O’Bannon decide di restare sullo spazio. E di portare tensione, claustrofobia, mistero a bordo della sua nuova sceneggiatura.
Influenzato e impressionato dalla pittura di Hans Ruedi Giger e dal genere fantascientifico, O’Bannon conclude lo script di Alien. Sperando di essere anche il regista del film.
In realtà la 20th Century Fox ha altri piani. Propone il film a Robert Aldrich ma presto scopre che il regista non è adatto per un film così particolare.
Il nome adatto sembra quello del giovane Ridley Scott, che ha impressionato la 20th Century Fox con il suo primo film The Duellists (I Duellanti) del 1977.
All’epoca il filone fantascientifico stava tornando in auge grazie all’incredibile successo di Star Wars (Guerre Stellari) diretto da George Lucas. Ma anche di Close Encounters Of The Third Kind (Incontri Ravvicinati Del Terzo Tipo) di Steven Spielberg. Girare un film di fantascienza all’epoca voleva dire fare un salto nel buio. Ma anche ottenere un successo incredibile in caso di parere positivo da parte del pubblico.
Scott accetta senza pensarci due volte. Le riprese durano quattro mesi con un costo di quasi dieci milioni di dollari. Per le fattezze dell’alieno protagonista del film si lavora proprio con Hans Rudi Giger che ha l’idea di far indossare una maschera a Bolaji Badejo. Uno studente africano alto due metri. E’ lui l’Alien. Per gli effetti di fumo e luce la produzione pensa bene di rivolgersi agli Who e all’attrezzatura dei loro concerti.

La vicenda parte da un futuro non meglio definito dove i componenti della navicella spaziale Nostromo si risvegliano poiché il computer Mother ha ricevuto un segnale di soccorso da una pianeta sconosciuto. In realtà si tratta di una trappola. Una trappola mortale che metterà a dura prova la psiche e la vita stessa dei membri dell’equipaggio.
Il tema cupo, la quasi assenza di colonna sonora, la fotografia scura, l’atmosfera claustrofobica e terrorifica fanno del lungometraggio di Scott uno dei film più originali mai prodotti. Un film che usa luoghi comuni del genere horror in una trama fantascientifica. Ma non solo.
Alcuni momenti del film sono splatter – tra tutte la famosa scena della cena o ancora lo scontro con Ash – altri invece sono semplicemente terrificanti con l’Alien che si mimetizza tra le tubature della Nostromo per colpire i membri dell’equipaggio.
La navicella spaziale Nostromo non è così diversa dalla casa stregata, dove i protagonisti vengono uccisi a uno a uno, come nel più classico dei film horror. E come nel più classico degli horror il film inizia con calma. Presentando i protagonisti e la loro missione. Mostrando i loro rapporti. Fino al crescendo che porta allo scontro finale.
In tutta questa storia l’Uomo viene messo a dura prova. Circondato da surrogati o da nuovi generi mutanti che lo minacciano o peggio, lo usano. Ripley è una donna sola che ha come unico amico il gatto Jones e che si ritroverà a lottare contro l’alieno misterioso per salvare il genere umano. Una donna solitaria che perde a uno a uno i suoi amici, che si trova a lottare contro un androide, poi contro un computer – la fredda, freddissima Mother – e infine contro l’Alien. Ripley porta sulle spalle il peso dell’intero genere umano. Da sola. Contro l’Alien.
La quasi-esordiente Sigourney Weaver veste i panni della protagonista. Aveva esordito qualche anno prima in una minuscola particina in Annie Hall (Io E Annie) di Woody Allen. Diverrà negli anni l’icona e il simbolo del genere-Alien grazie a una serie di sequel che vedranno coinvolti James Cameron, David Fincher e Jean-Pierre Jeunet.
Accanto a lei Tom Skerritt. Il fantastico John Hurt. Harry Dean Stanton. Yaphet Kotto. Ian Holm è l’inquietante androide Ash con la missione segreta di proteggere l’Alien a costo di sacrificare l’intero equipaggio.
Alien è un film horror che a sua volta rende più adulto il genere fantascientifico. Niente buonismi. Nessun lieto finale. Nessuna navicella che sbuca dal nulla per salvare gli eroi. Tanta psicologia. E molta solitudine. Dopo questo primo film ci saranno molti seguiti fino ad arrivare ad Alien Covenant uscito nelle scorse settimane e diretto ancora da Ridley Scott.
Alien, questo Alien è vicinissimo a compiere quarant’anni eppure la trama lineare, la semplicità del plot, la ricchezza dei dettagli ne fanno un film eterno. Davvero senza tempo.