Blaze, il romanzo sull’omone ingenuo del primo Stephen King. La recensione su Diario di Rorschach
Il processo che porta alla pubblicazione di un romanzo può seguire strade differenti per una serie di motivi che coinvolgono tanto lo scritto quanto l’autore.
Molto spesso accade che, non trovando soddisfacente la prima stesura, lo scrittore decida di mettere da parte temporaneamente l’opera, per poi riproporla al pubblico sotto un’altra chiave di lettura.

Può essere riassunta in queste poche righe la storia di Blaze, romanzo del 1973 di Stephen King, pubblicato solamente nel 2007 con lo pseudonimo di Richard Bachman.
Infatti, ripercorrendo la storia di Blaze, si può dire che questo romanzo risulta particolare tanto per la sua storia quanto per lo stile utilizzato dallo scrittore.
Terminato nel periodo fra il 1972 e il 1973, l’opera giovanile dello scrittore di Portland viene, forse un pò frettolosamente, cestinata a seguito anche di diversi rifiuti da case editrici.
Dopo circa trent’anni, King decide di riprende il lavoro scartato diversi anni prima, dopo un’attenta revisione (che va ad eliminare i riferimenti temporali e modellare il primo testo), riproponendolo al pubblico con uno spirito diverso da quello precedente.
Nel 2007, quindi, (ri)nasce Blaze, storia di un gigante non del tutto sveglio che, per una serie di motivi, si ritrova a diventare un vero e proprio antieroe.
La trama narra le disavventure di Clayton Braisdell Jr, detto Blaze, omone dalla forza disumana di oltre due metri e dal cervello da bambino.
La sua vita, che ha subito un’involuzione sin dalla tenere età, avanza tra espedienti giornalieri e piccoli furti aiutato dalla voce dell’amico George Rackley, morto tre mesi prima lasciandolo totalmente solo.
Dopo una serie di misere azioni per campare alla giornata, Blaze decide di portare avanti il piano di una vita, quello che lui e George architettavano da diverso tempo: rapire il piccolo Joe Gerard, membro di una benestante famiglia del luogo.
Parte da questo momento una fuga contro il tempo che non solo modifica la situazione di volta in volta ma permette di avere una visione differente ogniqualvolta l’intervento dell’autore si rende necessario nell’indirizzare la narrazione.
Rispetto agli altri romanzi scritti sotto lo pseudonimo di Bachman (tra cui L’uomo in fuga, recensione qui), Blaze si presenta al pubblico come la migliore alchimia fra il giovane Richard e il maturo Stephen.
Il mix perfetto tra presente e passato, la descrizione minuziosa dei particolari (tipica dell’autore) e la velocità con cui scorre la storia, permettono da un lato di vivere direttamente la scena presente nel romanzo e dall’altro di carpire l’animo del protagonista.
Queste caratteristiche, in particolar modo, rendono Blaze un personaggio sopra le righe, quasi fuori da tutti gli schemi e le peculiarità tipiche dello stile kinghiano.

Difatti, pur apparendo come un John Coffey (Il miglio verde) di un’altra era, il protagonista si caratterizza per un elemento specifico: l’eccessiva ingenuità che lo spinge al rapimento e, successivamente, ad affezionarsi, forse troppo, al bambino rapito.
Proprio questa sua ingenuità, dovuta ad episodi accaduti nel passato a causa di un padre a dir poco violento e ad un orfanotrofio inconsueto, lo rendono talmente umano da far giustificare, in qualche modo, tutte quelle azioni che lo portano a diventare un criminale nel corso del tempo.
A tutto ciò, inoltre, si collega la figura horrorifica sui generis che si presenta nel romanzo: la voce del defunto George, che lo comanda quasi a bacchetta e con cui si trova in contrasto nel finale, non simboleggia il classico mostro presente negli altri scritti ma, in un certo senso, un amico immaginario, ahimè non del tutto da imitare come fa Blaze, che lo stesso protagonista si è creato per non rimaere totalmente solo al mondo.
Infine, non è possibile non citare le sensazioni che la storia tende a far provare al lettore.
La velocità con cui si svolgono i fatti, la cura verso le singole personalità e il ritmo incalzante della narrazione porta alla nascita di sentimenti discordanti fra loro, tanto per le sorti del bambino quanto per quelle dello stesso protagonista, fino ad arrivare all’amarezza finale per l’epilogo, in un certo senso annunciato, dell’intera vicenda.
Romanzo dalle mille sfumature, a tratti commovente e divertente, Blaze si presenta quindi come il modo migliore per approcciarsi ad uno scrittore dalla stile crudo e pungente.
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