Per festeggiare l’apertura di una nuova rubrica del Diario raccontiamo la storia dell’anime in Giappone dalla Seconda Guerra Mondiale ai giorni nostri
6 Agosto 1945: le truppe Americane bombardano Hiroshima. Tre giorni dopo tocca a Nagasaki. La distruzione delle città giapponesi è – in parte – la distruzione dell’economia, della cultura e dell’intrattenimento del Giappone. Ma è soprattutto la distruzione di vite umane. Tra i tanti settori che risentono della sconfitta patita durante la Seconda Guerra Mondiale c’è quello dell’animazione che non è ancora anime. Gli anni precedenti erano stati floridi per l’animazione giapponese ma adesso l’imperativo era ricostruire il Paese. Soltanto nel 1958 si può dire che l’animazione nel Sol Levante riprenda il comando grazie al cortometraggio Hakujaden (La Leggenda Del Serpente Bianco) di Taiji Yabushita. Il primo della giovanissima Toei Animation. Proprio la Toei prende in mano il mondo dell’animazione giapponese grazie a diversi lungometraggi di animazione che arrivano in minuscola parte in Occidente.
Nonostante le buone intenzioni e i prodotti accattivanti l’animazione giapponese ha buoni riscontri in Patria ma molto meno da altre parti. E’ vero, i prodotti vengono distribuiti ma sono difficili da reperire – siamo sempre negli anni Sessanta – e di certo non vengono trasmessi in televisione. Per passare dall’animazione all’anime occorre vagliare due aspetti fondamentali. Il primo è quello relativo ai manga – i fumetti giapponesi – l’altro è lo sviluppo della televisione che entra nelle case dei Giapponesi.
Le televisioni del Sol Levante trasmettono il 1° Gennaio 1963 alcuni episodi di Tetsuwan Atom (Astro Boy) di Osamu Tezuka, prodotto dalla Mushi Production fondata proprio da Tezuka. Nasce l’anime. Tezuka nel 1965 realizza sempre con la Mushi la prima serie televisiva animata a colori di successo, Jungle taitei (Kimba il leone bianco), basata su un altro manga. Un altro nome di successo in questi anni è quello del giovanissimo Gō Nagai autore di Z Majingā Z (Mazinga Z) che prende vita nel 1972.
La combinazione tra manga, anime e televisione crea un vero fenomeno di massa che parte dal Giappone e punta dritto all’Occidente.
Tra la metà degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta la crescita dell’anime non conosce soste. L’idea da parte dei produttori è quella di realizzare spot commerciali con gli eroi degli anime. Non solo. Altra idea brillante è quella di creare un vero e proprio merchandising con modellini e pupazzi che raffigurano gli eroi delle serie animate. Serie animate che si diffondono a macchia d’olio in Giappone ma finalmente anche in Occidente. Le televisioni private iniziano a trasmettere diverse puntate di Rupan Sansei (Lupin III), Captain Tsubasa (Holly E Benji), YOU! Atakka YOU! (Mila e Shiro).
In questi anni sia in Giappone che nel resto del Mondo – dopo il boom delle televisioni – si registra la crescita esponenziale del mercato home video che avrà un mercato a parte ovvero l’Original Anime Video (OAV), lungometraggi esistenti solo su cassetta. E’ il periodo più florido per l’anime giapponese. In questi anni vengono fuori dei nomi di autori, scrittori, registi, fumettisti che influenzeranno l’anime con la loro visione.
Hayao Miyazaki – Rupan Sansei Kariosutoro no shiro (Lupin III Il Castello di Cagliostro), Kaze no tani no Naushika (Nausicaä della Valle del vento), Mononoke-hime (Princess Mononoke), Sen to Chihiro no kamikakushi (La Città Incantata) – è uno degli autori fondamentali per l’anime giapponese. Amatissimo dagli Occidentali è artista raffinato con un poetica che ha influenzato l’animazione giapponese ma anche il Cinema più impegnato. I temi affrontati dall’artista nipponico – l’amore, la giovinezza, l’ambientalismo, la scoperta – sono universali e per questo senza tempo. Il 22 Febbraio 2015 Miyazaki è stato premiato con l’Oscar Onorario. Primo regista di anime ad aver ricevuto questo premio.
Mamoru Oshii – Time Bokan Series: Yattaman (Yattaman), Meiken Jorii (Belle e Sébastien), Dasshu Kappei (Gigi La Trottola), – è conosciuto soprattutto per essere l’autore della saga di Kōkaku kidōtai (Ghost In The Shell). Protagonista è un agente di polizia donna che ha un cervello umano ma un corpo da androide. Una delle opere fondamentali degli ultimi anni che unisce fantascienza, filosofia e letteratura cyberpunk. Nel 2004 ha collaborato con Quentin Tarantino per le scene animate del suo Kill Bill.
Katsuhiro Ōtomo è un’icona del Cinema d’animazione giapponese. Nel 1988 ha diretto Akira tratto da un suo manga. Siamo davanti a una trama futuristica che vede un gruppo di motociclisti del 2019 post-Terza Guerra Mondiale. E’ stato il lungometraggio che ha fatto conoscere gli anime a Hollywood. Sono anni che negli USA cercano di realizzare un live action di questo importantissimo e spettacolare film anime.
Isao Takahata collega e amico di Miyazaki. I due hanno fondato la loro casa di produzione, il celebre Studio Ghibli. Takahata è passato dall’anime degli anni Sessanta fino ai giorni nostri con film come Panda kopanda (Panda! Go, Panda!), Hotaru no haka (Una tomba per le lucciole) fino a Kaguya-hime no monogatari (La storia della principessa splendente).
Negli anni Novanta l’anime sposta la sua attenzione dal mero intrattenimento a qualcosa di più profondo. I grandi progetti animati riguardano storie fantascientifiche con una massiccia dose di filosofia e di aspetti prettamente psicologici, religiosi e sociologici. L’anime alza inesorabilmente il livello e passa da intrattenimento a esperienza totalizzante. Gli anime fanno parte dell’universo televisivo anche qui in Italia. Le emittenti private trasmettono da sempre ogni genere di cartone animato giapponese. Si passa dallo sport alle avventure nello spazio. Sono gli anni di Kōkaku kidōtai (Ghost In The Shell) – da cui recentemente è stato tratto un lungometraggio live action – Shin seiki Evangerion (Neon Genesis Evangelion) – diretta da Hideaki Anno e riconosciuto come il miglior esempio di anime contemporaneo per il suo intreccio psicologico, fantascientifico e cinematografico – Kaubōi Bibappu (Cowboy Bebop) diretto da Shin’ichirō Watanabe e trasmesso su MTV Italia verso la fine degli anni Novanta.

Ma non tutti i prodotti passano per le televisioni commerciali. Alcuni non possono nemmeno essere definiti commerciali. Desu Nōto (Death Note) di Tsugumi Ōba ne è un esempio. E’ la storia di un ragazzo che scopre un libro della morte. Se scrive il nome di qualcuno su questo libro, questi muore. Paafekuto buruu (Perfect Blue) e Papurika (Paprika) di Satoshi Kon sono film che invece fondono Sogno, Fantasia e persino Noir. Il grande passo dell’anime è stato quello di avvicinarsi al Cinema contemporaneo ma anche alla serialità made in USA. Molti episodi di Death Note sembrano essere versioni animate di Dexter, tanto per dire. Il minor numero di puntate nelle serie anime – pensate che la seconda stagione di Lupin III contava ben 155 episodi! – ha permesso agli autori di concentrarsi su aspetti più profondi e di arricchire l’esperienza dello spettatore.
L’anime sembra indirizzato versi nuovi e floridi orizzonti grazie a continui ricambi generazionali. Autori e scrittori di manga, sceneggiature e di anime nati e cresciuti col mito di Hayao Miyazaki o Satoshi Kon. Il passaggio dalle videocassette ai DVD e dai Blu-Ray allo streaming digitale non hanno indebolito l’industria giapponese. Tutt’altro. L’arrivo di Netflix anche in Europa ha aperto uno scrigno di serie e film anime che non aspettano altro che di essere visti.
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