freaks

Freaks – il film maledetto che fece storia

Su Diario di Rorschach si parla di Freaks, film rivoluzionario ed eversivo del 1932 diretto da Tod Browning che fece scalpore


Signori io non vi ho mentito, avete visto coi vostri stessi occhi i mostri viventi del nostro serraglio. Voi ne avete riso o provato ribrezzo, tuttavia se lo avesse voluto la natura beffarda, anche voi potreste essere come loro. Non hanno chiesto loro di venire a questo mondo, eppure sono qui tra noi. Si riconoscono in un codice che nessuno ha mai scritto. Offendetene uno, e si sentiranno offesi tutti quanti (Freaks)

Film rivoluzionario, a suo modo eversivo, pensato dalla Metro Goldwin Mayer come l’ennesimo film dell’orrore, quello di Tod Browning fu in realtà un dolente e affettuoso sguardo rivolto a un mondo a parte, il side show, dove venivano esibiti i cosiddetti scherzi della natura. Qui, la donna barbuta, l’uomo lupo, il gigante, la coppia di gemelli siamesi trovavano un’accoglienza, un senso alle propria esistenza, e la loro umanità risulta spesso contrapposta alla mostruosità morale dei cosiddetti normali.


La grande epopea dei film dell’orrore inizia sul grande schermo durante la grande crisi degli anni trenta. E’ quello un periodo drammatico della storia americana. Se da una parte è ancora vivo il ricordo di una guerra spaventosa, dall’altra, la più grave crisi economica conosciuta dal paese, sta alimentando un generale clima di incertezza per il futuro della nazione. A suo modo, il cinema di dare un nome al senso di smarrimento incombente, evocando e trasponendo su schermo mostri che, oltre a procurare un sicuro impatto emotivo sul grande pubblico, siano in grado di sublimare paure diffuse un po’ ovunque.

Si inizia con Dracula, film del 1931 prodotto dalla Metro Goldwyn Mayer e diretto da Tod Browning, una pellicola che riscuote un insperato successo al botteghino. Sempre nello stesso anno, la Universal Studios risponde con Frankestein, diretto da James Whale ed interpretato da Bela Lugosi. Lugosi, insieme a Boris Karloff, è il principale interprete di personaggi mostruosi in quegli anni di depressione economica. Dal canto suo, la Paramount non rimane a guardare producendo Dr. Jekyll and Mr Hyde, diretto da Rouben Mamoulian ed interpretato da Fredric March, premiato per la sua interpretazione con l’accademy award.

In quegli anni avviene la definitiva consacrazione dello star system, e si assiste all’ascesa dei grandi studios hollywoodiani, spesso nati su iniziativa di immigrati ebrei provenienti dall’Europa dell’est. Come nel caso della Universal, fondata da Carl Laemmle, della Paramount, fondata da Adolph Zuckor e della Metro Goldwyn Mayer, creata da Marcus Loewe. Nel 1929 è stata inaugurata la cerimonia dell’assegnazione degli Oscar, e sempre in quel periodo nascono le prime riviste specializzate del settore: fra tutte, Variety.

Gli studios, proprietari anche di numerose catene di cinematografi, cercano di massimizzazione la produzione, e la crescente attenzione al prodotto dal facile impatto, girato in economia ma con notevoli ritorni al botteghino, porta a pianificare innumerevoli lungometraggi, molti dei quali, di non eccelsa fattura.

Dopo il successo del famoso trittico dell’orrore del 1931, Irving Thalberg, l’avveduto manager della casa cinematografica MGM, mette in cantiere un altro film horror: un film che, nelle intenzioni dei boss della casa cinematografica, avrebbe dovuto rinverdire e superare i successi di Dracula. Il potente Thalberg decide di affidarne ancora la regia al fido Tod Browning.

Fin dal loro primo incontro, avvenuto nella primavera del 1918, Thalberg ha apprezzato e incoraggiato il talento dello schivo regista di Louisville, nel Kentucky, riconoscendogli la capacità di cercare in prima persona i soggetti e il materiale da girare, a differenza della maggior parte dei colleghi, che aspettano che gliene venga consegnato uno. Non a caso, per alcuni suoi film Browning firma sia la regia che la sceneggiatura.

Per l’occasione, approfittando della fiducia incondizionata concessagli da Thalberg, il regista si decide a rispolverare un progetto rimasto per anni nel cassetto, ovvero portare sullo schermo Spurs, un racconto di Clarence Robbins apparso sulla rivista Munsey’s Magazine nel 1923. Ambientato in un circo francese, il racconto ha stregato Browning, che è riuscito a convincere lo studio ad acquistarne i diritti.

Tod Browning ha sempre subito il fascino dello spettacolo circense; all’età di sedici anni scappa di casa per unirsi ad un circo itinerante, lavorandovi per diverso tempo nelle vesti di imbonitore. Con questo film, il regista vuole rievocare proprio l’adolescenza, il periodo più avventuroso, spensierato, e probabilmente felice della sua vita.

La produzione decide di ingaggiare per l’adattamento cinematografico di Spurs gli stessi sceneggiatori di Dracula, ovvero Willis Goldbeck e Elliott Clawson. Thalberg, e tutti i boss della MGM, pretendono che ne esca qualcosa di veramente terrificante, capace di inchiodare il pubblico alle sedie dei cinematografi.

Ma questa volta Tod Browning ha in mente un’altra idea.

Il regista, che sembra aver definitivamente superato i problemi di alcolismo, convince gli sceneggiatori a modificare il senso del racconto. Mentre nel testo originale il personaggio malvagio è un nano che, dopo aver ereditato un’ingente eredità, sposa una bella cavallerizza, la segrega in un maniero, per poi farsi portare in spalla dalla sventurata dall’alba al tramonto, nella trasposizione su schermo Browning pretende che si attui un’inversione di ruolo; il personaggio negativo diventa così la ragazza, una bella trapezista che, in combutta con l’amante, il forzuto Ercole, sposa il nano Hans con l’intenzione di avvelenarlo e sottrargli l’eredità.

Browning decide di dare al film il titolo Freaks, e di avvalersi di uno dei suoi attori feticcio: il nano Harry Earles, protagonista insieme a Priscilla Dean e a Lon Chaney in altri suoi film. Inoltre, con una decisione sorprendente, sceglie di utilizzare veri fenomeni da baraccone e non attori travestiti, come avviene di consuetudine. Questa scelta solleva i primi malumori all’interno della MGM, che vede i propri studi riempirsi di bizzarri personaggi.

Schlitzie, il piccolo uomo dalla testa a spillo – che svilupperà durante le riprese un attaccamento morboso per il regista – Frances O’Connor, la ragazza senza braccia, Prince Randiam, il torso vivente, Peter Robinson, lo scheletro umano, Olga Roderick, la donna barbuta, Johnny Eck, il mezzo uomo, e gli altri freaks, sono coloro che nella realtà vengono presentati come fenomeni da baraccone nei luna park, nelle fiere e, soprattutto, nel cosiddetto side show, spettacolo itinerante con funzione di contorno rispetto a quello propriamente circense, allora molto diffuso specie nella profonda provincia americana.

Il side show era stato inventato verso la metà dell’ottocento dal famoso impresario circense Pinheas Taylor Barnum, che l’aveva inizialmente definito “Museo delle Cose Impossibili”. Da allora, tutti i principali spettacoli circensi, gran parte dei quali itineranti tramite ferrovia, lo affiancano al circo equestre. L’esposizione dei freaks, spesso con la formula del “dieci per uno”, dove l’imbonitore invitava i clienti ad ammirare dieci meraviglie della natura con lo stesso biglietto che dava accesso al circo, diviene un simbolo della cultura popolare americana, specie in quegli stati in cui è più profonda la tradizione rurale.

Ed è un potere potenzialmente sovversivo quello del grottesco: l’esibizione del “diverso”, gli scherzi della natura mostrati in passerella, sono altrettante provocazioni alle convenzioni sociali dell’epoca.

Le riprese hanno inizio nell’ottobre del 1931, protraendosi per due mesi. Sono contraddistinte dall’affettuoso rapporto che si viene a creare fra Browning e i freaks. Il regista, dal carattere proverbialmente introverso e solitario, agli antipodi dello star system e soggetto a frequenti esaurimenti nervosi, sembra trovare un senso alla propria inespressa richiesta di accoglienza proprio fra i supposti diversi. In quel mondo quasi cristallizzato, la sua inquietudine trova requie. Perché se quello del side show è un mondo a parte, è però un mondo umano, orgogliosamente umano.

Gli altri protagonisti della pellicola, i cosiddetti “normali”, vivono invece quel periodo con crescente disagio ed imbarazzo, e solo la benevola supervisione di Thalberg permette di mantenere un clima di apparente tranquillità. Si tratta per lo più di attori dimenticati, che vivono con crescente disagio il passaggio dal muto al sonoro, avvenuto ufficialmente nel 1927, con il film The Jazz singer, prodotto dalla MGM.

I talkies, come vengono chiamati in gergo i film sonori, rappresentano un vero e proprio spartiacque, una rivoluzione tecnica che non tutti gli artisti sanno accettare; mentre alcuni si adattano alla novità, molti abbandonano le scene o finiscono ai margini del sistema. Tuttavia, Browning si ricorda di Wallace Ford, Leila Hyams, Henry Victor e Olga Baclanova, chiedendo alla produzione di ingaggiarli per interpretare la parte dei “normali”.

Le prime scene di Freaks rimandano ai reali spettacoli del side show. Il film si apre infatti con un imbonitore che, rivolto al pubblico di un luna park, presenta delle mostruosità viventi, introducendoci in tal modo a familiarizzare con loro nella quotidianità della vita circense.

La trama che da quel momento si sviluppa è semplice. Uno dei freaks, il nano Hans, è fidanzato con Frieda, la nana cavallerizza. Hans, vedendo volteggiare la bella trapezista Cleopatra se ne invaghisce. Quando la trapezista viene a sapere proprio da Frieda che Hans ha ereditato un’ingente somma di denaro, decide, in combutta con il fidanzato, il forzuto Ercole, di farsi sposare dal nano con l’intento di avvelenarlo ed impossessarsi dell’eredità.

Freaks, una scena del film
Freaks, una scena del film

La sequenze più famosa e simbolica del film è quella del banchetto nuziale. I freaks, che hanno organizzato il banchetto per festeggiare le imminenti nozze del loro amico Hans, con una sorta di rito di iniziazione accolgono fra di loro la trapezista Cleopatra. Durante il banchetto intonano il famoso ritornello “gooble gooble, noi ti accettiamo come una di noi”. L’inversione di prospettiva attuata dal regista è palese. E’ il cosiddetto normale a venire accolto e accettato da parte di coloro che venivano considerati diversi. Ma, a risultare addirittura stridente, è la generosità dei diversi contrapposta all’amoralità dei normali, alla luce delle malvagie intenzioni che animavano Cleopatra ed Ercole.

L’inquadratura di Browning si sofferma su Schlitzie, il piccolo uomo dalla testa a spillo, su Koo Koo, ovvero Elisabeth Green, la donna uccello, su Olga Roderick, la donna barbuta, su Daisy e Violet, le sorelle siamesi, su Frances O’Connor, la ragazza senza braccia, su Peter Robinson, lo scheletro umano, e lascia volutamente in secondo piano i normali. Quando il nano italiano Angelo Rossitto, nel ruolo cinematografico di Angelano, dopo aver offerto dello champagne a tutti i freaks, ne offre una coppa a Cleopatra, la donna, inorridita e disgustata, si alza, e lancia lo champagne sul viso di Angelano, e urlando freaks, freaks, con evidente tono di disprezzo, fa il giro della tavola portando Hans sulle spalle.

Cleopatra ha finalmente gettato la maschera. La reazione violenta della trapezista svela infatti le sue reali intenzioni che, in quel momento, sono chiare a tutti i freaks. Il giorno dopo se ne ha ulteriore conferma quando Hans viene trovato a letto, malato. Il nano è stato infatti avvelenato. Davanti all’imbarazzo colpevole di Cleopatra, i freaks non hanno più dubbi, e decidono di mettere in pratica il loro codice per il quale, “se ne offendi uno, è come se li avessi offesi tutti”.

Attuano la loro tremenda vendetta; aggrediscono Cleopatra, e pugnalano a morte Ercole.

Nell’ultima scena del film ritroviamo lo stesso imbonitore presente all’inizio della pellicola. L’uomo mostra una scatola al pubblico all’interno della quale si troverebbe, a suo dire, la più incredibile mostruosità mai esistita.

Quando infine ne viene rivelato il contenuto, grande è lo sconcerto: quella che appare in tutta la sua mostruosità è infatti una donna gallina; una creatura alta poche decine di centimetri, senza braccia né gambe, con delle zampe al posto delle mani e con il petto ricoperto di piume; il suo volto è tumefatto, ma riconoscibile: si tratta di Cleopatra.

Quello di Browning è un finale disturbante, dai contorni oscuri e sottilmente ambigui. Dobbiamo infatti accettare l’ibrido donna-gallina come reale, oppure lo dobbiamo concepire come volutamente costruito?

Freaks, la famosa scena del banchetto
Freaks, la famosa scena del banchetto

All’uscita della prima proiezione pubblica, avvenuta a San Diego, Freaks solleva grande indignazione con scene di raccapriccio diffuse, malori e, si racconta, anche un caso di aborto spontaneo. La MGM inizialmente pensa di rinnegarlo, salvo poi optare per un deciso taglio a molte scene, pari a quasi mezz’ora di pellicola.

Le stroncature a mezzo stampa sono durissime. Il film viene considerato eversivo e pericoloso, e si sconsiglia agli esercenti di proiettarlo. Molte città, Altanta e Cleveland, fra le altre, ne impediscono la circolazione nei circuiti cinematografici. A Washington ci sono numerose proteste da parte di gruppi di moralizzazione pubblica, dall’Associazione Genitori, a quella degli Insegnanti, fino all’Associazione Nazionale delle Donne.

Infine, la MGM deciderà di ritirare definitivamente il film dai circuiti di distribuzione. La Gran Bretagna lo bandirà fino al 1963. Gli americani dovranno attendere sedici anni per poterlo rivedere, quando verrà distribuito con il titolo di Nature’s Mistakes.

Il film avrà maggior fortuna in Europa, dove sarà generalmente proiettato agli inizi degli anni sessanta.

Il clamoroso fiasco commerciale e le infinite polemiche che seguono l’uscita di Freaks decretano, in pratica, la fine della carriera per Tod Browning, anche se il regista si cimenterà alla regia con altri quattro film, fra i quali l’originale horror “La Bambola del Diavolo, del 1936. L’ostracismo di Hollywood ne acuisce l’indole solitaria; Browning passerà nell’oscurità gli ultimi venticinque anni della sua vita, uscendo poco da casa e dedicando quasi tutto il suo tempo alla lettura ed alla visione di vecchi film. Ormai completamente dimenticato, il 6 ottobre 1962, all’età di ottantadue anni, Browning, da poco reduce da una operazione per l’asportazione di un tumore alla laringe, verrà trovato morto nel bagno di casa.


L’aura di film maledetto accompagnò a lungo il film di Tod Browning.

Oltre che per il regista, quella pellicola decretò la fine della carriera anche per gli attori, ai quali nessuno assegnò più parti in altre produzioni. Anche alcuni fra gli stessi freaks che parteciparono al film, fuorviati dalle pesanti critiche, lo abiurarono, sostenendo che il regista aveva oltraggiato tutta la categoria. Il clamoroso fiasco commerciale mise poi in seria crisi la Metro Goldwin Mayer, che non riuscì a recuperare nemmeno la metà del denaro investito.

A dispetto delle intenzioni di Thalberg e della MGM, che pretendevano l’ennesimo film horror, Browning girò un film a suo modo rivoluzionario. Operazione ad alto rischio, la sua, nella quale veniva attuato un sovvertimento dei tradizionali canoni estetici ed etici, secondo i quali al bello, al normale, consegue sempre una rassicurante azione virtuosa.

Il suo sguardo affettuoso verso il mondo dei cosiddetti scherzi della natura, la rappresentazione della loro umanità in contrasto con l’amoralità dei cosiddetti normali, produsse un effetto destabilizzante per la morale conservatrice del tempo, che, con pregiudizio diffuso, identificava il freak come persona dedita al sotterfugio ed al malaffare.

Come ebbe a affermare il celebre critico cinematografico Jean Antoine Gili, “Freaks, non fu un film dell’orrore, ma un film d’amore.” Browning, con slancio romantico, aveva reso un tributo ai rappresentanti di un mondo particolare come quello del side show circense.

Ma, quell’atto d’amore, gli fu fatale. Isolato da tutti, trascorse il resto della sua esistenza in una specie di cono d’ombra. Simile, molto simile, a quello che, da sempre, ha circondato il mondo dei suoi amati freaks.


Freaks rappresentò un’avventura nel mondo del grottesco dall’effetto destabilizzante. Molti saranno i richiami nella successiva cultura popolare: da quelli musicali – splendida Freak show, pezzo dell’eccentrico gruppo italo-americano Velvet Night – a quelli dei fumetti, fino a serie televisive come American Horror Story, che dedica ai Freaks la quarta stagione, raccontando di uno degli ultimi side show americani, quello di Elsa Mars.

Maurizio Fierro

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *