Dune, l’universo planetario di David Lynch

Dune: il film del 1984 di David Lynch. Diario di Rorschach ripercorre la carriera del regista attraverso i suoi film


“Un uomo ha bisogno di nuove esperienze. Senza cambiamenti qualcosa si addormenta dentro di noi e raramente si sveglia. Il dormiente deve svegliarsi.” (Dune)

1984. David Lynch è un giovane regista. E’ una promessa del Cinema Americano. Ha all’attivo svariati cortometraggi e due film tra i quali Eraserhead e The Elephant Man. Sebbene ancora giovane il suo stile è già riconoscibile. Nei primi anni ottanta grazie all’avvento della tecnologia diventa possibile la produzione di film di fantascienza.
Pensiamo ad Alien, E.T., Blade Runner, Star Wars. Tutti lungometraggi resi possibili grazie agli effetti speciali che il quel periodo conoscevano la loro età dell’oro.
Cosa c’entra Lynch con gli effetti speciali?

C’entra, perché l’idea di trasformare Dune – romanzo del 1956 scritto da Frank Herbert e pietra miliare della letteratura di fantascienza – in un lungometraggio era diventata fattibile grazie appunto alla tecnologia.


Anni prima ci aveva provato il regista messicano Alejandro Jodorowski ma con scarsi risultati. Si dice che anche Ridley Scott fosse interessato a Dune. Inoltre a causa di molti dialoghi interiori e di un plot che aveva stratificati livelli di lettura restava difficile mettere su pellicola i diversi aspetti della trama.
A questo punto entra in gioco Dino De Laurentiis che aveva acquistato i diritti del romanzo anni prima. Recluta David Lynch dietro la macchina da presa, dopo il buon successo del suo The Elephant Man.
De Laurentiis affida alla figlia Raffaella la produzione. Affida la scenografia ad Anthony Masters che aveva lavorato con un certo Stanley Kubrick per un certo film di fantascienza di nome 2001: A Space Odissey.

All’inizio Lynch è riluttante. Aveva già rifiutato di girare il terzo capitolo di Star Wars – Return Of The Jedi, perché poco convinto di mettere le mani sul progetto di George Lucas. Alla fine accetta, per l’idea comunque ambiziosa, per la possibilità di lavorare con dei maestri e per i costi immensi – siamo intorno ai quaranta milioni di dollari – al prezzo però di una libertà creativa ridotta.
Occorrono diversi anni per studiare le scenografie. Ben sei mesi di riprese con altrettanti di post-produzione. Settanta set in giro per il mondo. Cinquemila costumi. Seicento persone coinvolte e diversi record battuti nella storia del cinema per quello che riguarda costi e tempi del film.

La fotografia di Dune viene affidata al due volte premio Oscar Freddie Francis. Gli effetti speciali a Carlo Rambaldi (il padre di E.T.). Il montaggio a Anthony Gibbs. Le musiche a Brian Eno e ai Toto che in quegli anni conoscevano la celebrità grazie al brano Africa del disco Toto IV.
Il cast di attori vede la presenza tra gli altri di Paul L. Smith, Patrick Stewart, Dean Stockwell, Jack Nance, José Ferrer, Sting, Linda Hunt, Silvana Mangano, Brad Dourif, Sean Young. Ma soprattutto Max von Sydow, Kylie MacLachlan – all’epoca praticamente adolescente – e Jurgen Prochnow per un cast stellare.
Ci sono tutti gli ingredienti per un grande film.

La storia di Dune è una storia di crescita. Vendetta. Dolore. Scoperta. Paure e sogni. Il tocco di Lynch c’è ma è ovviamente assopito da un film che stravolge le regole dei film di fantascienza.
Il villain, il barone Vladimir Harkonnen ha l’aspetto tipico dei film di Lynch. Represso. Cattivo senza pietà. Grottesco. Scopo del barone è quello di uccidere Paul Atreides, rampollo della famiglia Atreides, destinato ad avere il comando del pianeta Arrakis. Sul pianeta Arrakis si estrae una Spezia vitale per la sopravvivenza degli esseri umani nei vari pianeti. La Spezia è fondamentale per vivere ma anche per viaggiare attraverso i pianeti del Sistema Solare divisi in quattro casate.
Il Pianeta Caladan casa degli Atreides, il Pianeta Giedi Primo della famiglia Harkonnen. Il Pianeta Kaitan della casata dei Corrino e Arrakis, luogo desertico dove si coltiva la Spezia.

Luogo isolato e inospitale, Arrakis è un pianeta desertico pieno di enormi vermi che fanno di tutto per evitare l’estrazione della Spezia da parte degli esseri umani. Qui vi vivono i Freman, pacifici abitanti che hanno occhi completamente blu. I Freman sanno gestire i vermi giganti e che attendono l’arrivo di un Messia.
Il Sogno, la Premonizione e l’Inconscio svolgono un ruolo fondamentale.
Guidano le gesta del giovane Paul Atreides attraverso la scoperta di sé stesso e la realizzazione della frase il dormiente deve svegliarsi attraverso la sconfitta delle proprie paure. Il deserto, i vermi, la lotta, l’oscurità SONO le paure del giovane protagonista.
Questo è il tocco di Lynch in un film epico. Enorme. Sontuoso. Barocco.


Alla sua uscita nelle sale il lungometraggio si rivela un mezzo flop, a causa di un montaggio confusionario – al quale Lynch non poteva mettere mano essendo il film non suo – ma anche di un’atmosfera generale un po’ troppo ridondante che allontana il pubblico dalle sale. Rendere su pellicola l’opera di Herbert si rivela impresa più difficile del previsto.


Il flop di critica e pubblico viene ripagato dalle versioni in home video che fanno recuperare in parte il budget perduto. Il film è stato ampiamente rivalutato dagli addetti ai lavori che lo hanno reputato come un esperimento riuscito del regista statunitense, catalogandolo come film cult a tutti gli effetti. Dune tra i suoi film è il lungometraggio meno lynchano ed l’unico in cui il regista del Montana scende a patti con la produzione.
Imparata la lezione da questo momento in avanti il buon David avrà carta bianca anche su eventuali tagli e sul montaggio dei suoi film.


La collaborazione con De Laurentiis non terminerà qui dato che David Lynch avrà la possibilità di riscattarsi qualche anno dopo con un lungometraggio che ha fatto la Storia del cinema negli anni ottanta: Blue Velvet.
La maggiore libertà creativa e la possibilità di mettere mani al montaggio creeranno in Lynch la consapevolezza che il suo Cinema dev’essere controllato dal regista per quello che riguarda il montaggio. Ma non solo. Anche la colonna sonora e il cast devono avere la benedizione del regista.
Questa libertà e indipendenza darà vita vita ai capolavori che conosciamo e contribuirà a creare un marchio per quello che riguarda uno dei registi più geniali di sempre.

4 thoughts on “Dune, l’universo planetario di David Lynch”

  1. Purtroppo le esigenze di mercato e i diritti di De Laurentiis senior hanno fatto il resto; ciò non toglie che almeno sulla carta sia un grandissimo film. Che poi sia stato massacrato da differenti montaggi (circolano almeno 3 versioni differenti del film) beh, questo è un altro punto a sfavore. Meno lynchano dei film di Lynch, ma comunque di livello.

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