La fine del mondo storto, il futuro non troppo alternativo di Mauro Corona. La recensione del romanzo Premio Bancarella 2011
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Cosa accadrebbe se le risorse di origine fossile si esaurissero improvvisamente?
E’ questa la domanda che si pone Mauro Corona nel suo La fine del mondo storto, edito Mondadori e vincitore del Premio Bancarella 2011.
Lo scrittore di Erto, nella sua opera più apprezzata, cerca di immaginare la vita in un mondo senza più petrolio, carbone ed energia elettrica.
La tesi che l’autore cerca di portare avanti, attraverso una critica all’eccessiva dipendenza dai combustibili fossili e dalla tecnologia, ha un duplice obiettivo. Evidenziare quanto un determinato tipo di progresso non solo abbia reso diseguale l’esistenza umana ma abbia anche permesso oltremodo un distacco totale tra gli individui e la realtà.
La trama del romanzo può essere suddivisa in tre parti specifiche. Nella nuova realtà disegnata da Corona, si cerca difatti di far comprendere al lettore la peculiarità del genere umano di fronte a situazioni catastrofiche come quella descritta.
Durante un gelido inverno, la gente scopre che le riserve di petrolio, carbone ed energia elettrica sono tragicamente terminate.
La rassicurazione dettata da un mondo fondato sulla tecnologia viene improvvisamente meno e, dopo l’iniziale stato di panico, ci si rende conto che l’unica ancora di salvezza è il ritorno alle origini.
Spinti dall’istino di sopravvivenza, gli uomini decidono di riscoprire i mestieri di una volta e riorganizzare la società secondo un nuovo tipo di visione.
La neonata realtà, fondata per lo più su pastorizia ed agricoltura, trasforma radicalmente anche l’intero mondo. La Terra, quindi, si rende più umana e giusta grazie all’azzeramento delle differenze e ad una mutua assistenza che si sviluppa spontaneamente.
Il futuro, quindi, appare più che roseo. E il nuovo ordine globale sembra garantire concretamente la pace su una terra, fino a quel momento, devastata dai contrasti fra gli uomini.

L’uomo, però, è un animale strano. E questa inaspettata tranquillità viene sconvolta dagli errori di sempre che, inevitabilmente, lo rendono schiavo della sopraffazione sul prossimo, creando morte e disordine.
Scritto totalmente in terza persona, impersonificando di volta in volta personaggi di cui non è rivelata l’identità, La fine del mondo storto permette di immergersi totalmente in questo futuro alternativo. Al punto da consentire al lettore di fungere da spettatore interessato all’interno della narrazione stessa.
Lo stile utilizzato da Corona in questa sua opera è tale da far appassionare il lettore e, contemporaneamente, far riflettere lo stesso sulla stupidità dell’uomo.
L’autore, infatti, sembra urlare a gran voce quanto sia necessaria una riflessione generale su ciò che è stato costruito fino ad ora e su quanto questa apparente evoluzione abbia modellato un mondo esclusivamente su strutture gerarchiche che rendono gli umani sempre più egoisti e sempre più soli.
Il finale a sopresa, dopo il ritrovato equilibrio, mira proprio a far comprendere che, fino a quando si cercherà di sopraffare il proprio simile in nome di un benessere proprio (qualunque esso sia), l’umanità sarà destinata ad un’unica fine: la propria estinzione.